Cibo di un sistema predatorio

Siamo cibo di un sistema predatorio, un vasto assortimento di dolci. Torte e crostate, gianduiotti e cioccolatini coperti di panna dolce e gustosa con elevato contenuto di grassi. Centrifugati continuamente, divisi, separati, con il grasso da prendere tutto il resto da lasciare.

Questo siamo, la loro fonte di sostentamento e ci spremono senza alcun dolore e angoscia. Un sistema che si è mosso lentamente ma costantemente per generazioni. Non si sono lasciati ne commuovere ne impietosire. Abbiamo pregato e combattuto eppure… niente.

Implacabili, spietati, sorridenti, hanno fatto cassa sulla patetica accondiscendenza di tutti noi, fino a raggiungere gli effetti visibili di oggi. Siamo sempre stati sicuri e fiduciosi in un domani migliore, mentre prendevano la vita dei nostri padri. Ed è qui il loro più grande capolavoro: il futuro, il tempo dell’inganno, lo strumento per mantenerci in un continuo stato di sospensione. L’attesa. Siamo stati persuasi a rimandare continuamente.

E il Teatro? Quel luogo privilegiato ed eccellente di elaborazione di ogni tipo di linguaggio dell’arte e della musica, cosa fa. Più o meno questo…

“E’ tutto buio in scena e i personaggi si muovono in una penombra ricreata da sporadiche ma essenziali candele. Si intravedono un tavolo, delle sedie e delle sagome. C’è solo il rumore assordante della pioggia e del temporale a riempire questo “vuoto”. Il buio è la metafora di un blackout esistenziale e strumentale che consente ai protagonisti di proseguire in un susseguirsi casuale di fatti e resoconti di vite che non sembrano le loro. Sembra quasi un blackout della memoria. Che cosa ha portato queste persone a stare li e ad interagire fra loro non si sa, ma non ha importanza in fondo. Cosi dicono. Sono lì per capirsi l’un l’altro e non fondamentalmente per capire ciò che è al di fuori di loro stessi”.

Il buio è una metafora, la pioggia ha un rumore assordate e c’è un vuoto da riempire, come sempre. E’ uno spettacolo, ma con un vago sapore terapeutico. E come ogni terapia che si rispetti vuole stabilire un percorso, o meglio una relazione tra chi “crede” di essere malato e chi “crede” di avere il potere di guarirlo. Due menti e due mondi, in cui uno guarda l’altro parlare. Due mondi che in realtà non si incontrano mai, benché abbiano insieme l’illusione di operare per il loro massimo benessere possibile.

Chi è il terapeuta? Colui che ha ideato lo spettacolo naturalmente. Pretende, lo stolto, di dare un senso alla confusione. Si vanta di saper moderare pensieri e sensazioni terrificanti, plasmare coscienze avvertite come il risultato di uno stimolo esterno al soggetto. Egli infatti, si è fatto un’idea globale della vita e della personalità del paziente, e dunque gliela comunica, gliela restituisce.

Inconsapevolmente il paziente/spettatore (è lui il soggetto da guarire) subisce una lettura integrata delle vicende affettive e relazionali con i relativi nessi, sottintendendo “con questo completo le tue parti mancanti, ti accresco di elementi aggiuntivi”, ascoltami quindi. Non è questa la terapia? Non chiarisce il terapeuta, che sofferenza e conflitto sono la conseguenza di determinate situazioni?

Musicisti, attori, artisti in generale, un concerto uno spettacolo non è un rifugio per gente psicotica, nevrotica, esaltata, confusa e disperata, ma un terreno di battaglia, luogo di entità libere. E’ qui che cominciano a succedere cose impensate. Vediamo muoversi un intero flusso di eventi scaturire da una decisione forte. Qui ci sono genio, potere e magia. Cominciamo di nuovo. Ora.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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