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Ghetanaccio
Il burattinaio di Roma, una storia delicata e divertente
Quante generazioni di romani si sono intrattenute con i propri figli presso il burattinaio del Gianicolo. Un teatrino mobile sistemato in un angolo di piazzale Garibaldi, all’ombra di pini secolari continua la tradizione del mitico “Ghetanaccio”. Un personaggio della Roma papalina entrato nella storia per la sua satira feroce e per le disavventure che gliene vennero. Nato nel 1782 nel rione Borgo Vecchio il suo vero nome era Gaetano Santangelo. In una città dove i teatri erano numerosi, quelli più popolari erano i teatri di marionette e per chi non si poteva permettere nemmeno quelli, c’erano i teatrini ambulanti dei burattini.
I personaggi ricorrenti erano Pulcinella, il Gendarme, il Diavolo e le maschere tipiche della commedia dell’arte quali Arlecchino, Pantalone, Brighella; ma a Roma il protagonista era Rugantino, con la sua eterna fidanzata, la serva ed altri personaggi di contorno, frutto dell’inventiva di ciascun burattinaio. E Ghetanaccio si identificava con Rugantino, tanto da non perdere mai un’occasione per mettere in ridicolo la nobiltà e ricchi borghesi. Con perfetto spirito romanesco le rappresentazioni potevano essere sarcastiche, scurrili e a doppio senso contro la Chiesa e i potenti, sberleffi e irriverenze gli valsero più volte il carcere. Nonostante il nome, Ghetanaccio era piuttosto gracile, mite e mingherlino. Morì a soli cinquant’anni di tubercolosi probabilmente contratta sin da giovane; Zanazzo ce lo racconta afflitto da una tosse che a volte gli impediva di dar voce ai suoi burattini
Con in spalla il suo “castelletto”, raggiungeva le piazze più affollate, per mettere in scena le sue rappresentazioni, sempre legate alla cronaca cittadina od alla vita quotidiana del popolo romano.
Così lo descrive il poeta Gigi Zanazzo
Era un celebre bburattinaro; arto, palido, vestito cor un sacchetto de cottonina e con un baretto co’ la visiera che je copriva la capoccia: e una fame, poveraccio, che se la vedeva coll’occhi. Se n’annava pe’ Roma tutt’er giorno, cor casotto su le spalle, a scutrinà’ tutti li fatti de ll’antri, pe’ ricacciacce quarche commedia pe’ li su’ bburattini. Dice, che cchi je la faceva, je la pagava. Presempio er padron de casa lo citava, lui j’annava sotto casa sua, je piantava er teatrino sotto le su’ finestre, e lo metteva in ridicolo. Diverse vorte è stato in catorbia, per avè’ mmesso in ridicolo puro er Guverno. Trinciava li panni addosso a ttutti senza compassione. Ciaveva uno spirito tale, e una lingua accusì pizzuta, che ttajava come un rasore.
MEZZANOTTE BATTUTA ADESSO
Una grande storia shakespeariana di amore e morte. La storia tenera e tragica dell’amore tra due giovani donne.
Nuove regole, censure, controlli, formalismi, burocrazia, abusi, sospetti, invidie, deludono Majakovskij. La cultura ufficiale del potere, che lo annovera tra i suoi più vulcanici artefici, lo osteggia e lo tiene in disparte e critica il tentativo di Majakovskij, di battersi per una cultura di tutti e per tutti, temendo di perdere il controllo di quella fucina di idee nuove, a cui Majakovskij inneggiava. Il massimo poeta della Rivoluzione si uccide, con un colpo di pistola, il 14 Aprile 1930.
La tecnologia, il progresso, per Majakovskij, non erano un nemico ma un mezzo per fare uscire il popolo dalla sottomissione e dalla ignoranza, la sua globalizzazione era un mezzo per diffondere maggiormente le idee, in Unione Sovietica e nel mondo. Fu amato, poco dal potere, di più dal popolo. Al suo funerale parteciparono 150.000 persone
CONCERTO MAJAKOVSKIJ
di Maria Teresa Falbo
Regia Filippo Dionisi
Il viaggio di un poeta attraverso la lunga notte dell’anima.
È uno spettacolo sull’uomo prigioniero e sulla prigionia intesa in ogni senso. Prigioniero della sua mente, dei suoi pensieri e dei suoi limiti. Prigioniero in senso fisico fra quattro mura.