GRANDE FRATELLO

Udite udite, s’iniziano a scoprire i primi nomi dei partecipanti del Grande Fratello Vip. Sulla conduttrice abbiamo ancora qualche dubbio, anche se il nome più papabile pare essere quello della regina dell’Isola Simona Ventura… Tra i concorrenti invece, compare un nome, quello di Alessandra Pirelli. Ve la ricordate?

E se vivessimo tutti in un grande fratello?

di Claudio Cavallo

Dopo una nottata a correre nell’impalpabile dimensione del sogno, mi sono svegliato confuso e stanco. A tratti, mentre bevevo il primo caffè del mattino mi tornava una lucidità formidabile, come quando l’ultima parola del cruciverba conclude il quadro completo. Mi sembrava, ripensando alle immagini ormai stampate nella mente fagocitate da qualche stanza buia dentro l’anima, di aver trovato il bandolo della matassa di tanti anni di interrogativi.

Mi sono ributtato a letto. Ho chiuso gli occhi ed eccolo, il sogno, intatto lucido e invitante come i disegni sulla strada fatti da Bert, lo spazzacamino di Mary Poppins: plof! Un salto e tutti dentro.

Non mi resta che raccontarlo, premettendo che la prima immagine è un groviglio di grossi serpenti che mio padre, scomparso 14 anni fa, ha avuto cura di lanciare lontano da me invitandomi ad entrare in serenità. Lui si siede accanto, in silenzio. Io cammino per un po’, poi come in un Museo delle cere, vedo manichini animarsi, sghignazzando. Sono in un’altra città, non so quale ma la conosco – sapete come accade no?

Mi siedo in una stanza con divani e poltrone di velluto azzurro trapuntato di stelle brillanti. La luce di un grande lampadario illumina il tavolo dove stanno seduti una decina di uomini. Altri ne vedo, ammassati in fondo alla stanza. Uomini diversi tra loro per classe sociale, età e cultura; giovani animati da nobili ideali, anziani che rischiano la vita per guadagnare qualche lira da dare alla famiglia.

Ci sono avventurieri, militari di professione di non so quale divisione, ma pare molto affidabili e uomini di levatura intellettuale e morale al di sopra di ogni polemica. Cinque cortigiane e cinque musicisti con i loro strumenti accovacciati per terra a pochi passi più in la; accanto una decina di servi fra i quali non poteva mancare un abile massaggiatrice del piede e una decina di uomini armati di pugnale e spada.

Mercanti e miliziani di ogni genere con bandiere, simulano una marcia contro il grande simbolo della tirannide; poi ho scorto un prigioniero, un vecchio indebolito che veniva prelevato da una cella e portato di peso giù per una rampa di scale. Più indietro, quasi in disparte, appoggiato al muro, il laico che coniuga la sua immensa preparazione giuridica con una non comune profondità teologica e soprattutto con una intensa spiritualità. Egli afferma il ruolo del laicato nella Chiesa, un ruolo non di rimorchio né di sudditanza, ma “indispensabile tramite del messaggio evangelico nel mondo e nella storia, con autonomia di scelta e di responsabilità”.

Fisso il mio sguardo su una ragazza minuta e pallida che culla un bambino. Ho imprecato, e innervosito sto per alzarmi quando mio padre mi trattiene per un braccio facendo segno di rimanere e avvicinarmi. E’ in quel momento che noto poco distante da me un signore ben vestito che mi guarda a sua volta. Vuol dirmi qualcosa e senza sapere ne come ne perché, sento esattamente il tono e timbro di voce e le parole (sul primo momento sono sorpreso, un’intuizione cosi precisa non mi era mai capitata); insomma, in una sola frazione di secondo percepisco il suo essere, la sua interiorità, prendo coscienza di una realtà attraverso semplici stimoli sensoriali. La vita è in pericolo – mi dice – tutti uniti da un destino comune: un terribile passato, un futuro indefinibile e un faticoso presente da costruire.

Per anni siamo stati “dead men walking”, esseri umani condannati a morte dai loro simili, tutti con alle spalle lo stesso percorso da incubo. Iniziato con menzogne, errori giudiziari, false testimonianze, difensori d’ufficio incapaci incompetenti e quasi sempre inutili, confessioni estorte con l’inganno o le minacce. Proseguito con un processo in cui la verità (falsa o incerta nel migliore dei casi) era già stata scritta, con la prigione, l’isolamento, i compagni di sventura del braccio della morte ammazzati da una camera a gas, una sedia elettrica o un ago con il veleno infilato nel braccio. Un incubo che spesso ha visto come vittime i più poveri, i più indifesi.

Fra i pochi seduti intorno al tavolo, un tipo eccezionalmente basso, inginocchiato sulla poltrona, inizia a parlare. Ascolto, non sanno che sono lì al buio. Dopo aver salutato cordialmente i presenti, prende un foglio dal tavolo e comincia a leggere con un tono che definirei stranamente “operativo” come la relazione di un Capo dipartimento al suo staff. Non mi sarei sorpreso se avesse proposto la necessità di creare gruppi di lavoro dando a ognuno delega nell’ambito di competenza. E con uno strano risucchio con schiocco sul lato destro della guancia, come a togliere un pezzo di insalata tra i denti, comincia:

“Perciò l’uomo sarà umiliato, il mortale sarà abbassato; tu non perdonare loro. Entra fra le rocce, nasconditi nella polvere, di fronte al terrore che desta il Signore, allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra. L’uomo abbasserà gli occhi orgogliosi, l’alterigia umana si piegherà; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno. Poiché ci sarà un giorno del Signore degli eserciti contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza ad abbatterlo; contro tutti i cedri del Libano alti ed elevati, contro tutte le querce del Basan, contro tutti gli alti monti, contro tutti i colli elevati, contro ogni torre eccelsa, contro ogni muro inaccessibile, contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le imbarcazioni di lusso. Sarà piegato l’orgoglio degli uomini, sarà abbassata l’alterigia umana; sarà esaltato il Signore, lui solo in quel giorno e gli idoli spariranno del tutto. Rifugiatevi nelle caverne delle rocce e negli antri sotterranei, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra. In quel giorno ognuno getterà gli idoli d’argento e gli idoli d’oro, che si era fatto per adorarli, ai topi e ai pipistrelli, per entrare nei crepacci delle rocce e nelle spaccature delle rupi, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà. Guardatevi dunque dall’uomo, nelle cui narici non v’è che un soffio, perché in quale conto si può tenere?” E ancora: “Raccoglietevi, radunatevi, gente spudorata, prima che siate dispersi lontano come pula che passa in un giorno, prima che venga su di voi l’ardore dell’ira del Signore, prima che venga su di voi il giorno dell’ira del Signore! Cercate il Signore tutti voi umili del paese, che praticate i suoi decreti! Cercate la giustizia, cercate l’umiltà! Forse sarete al riparo nel giorno dell’ira del Signore!”

Noto che la grafia è ordinata e perfettamente leggibile, solo a tratti una cancellatura o una correzione, probabilmente voluta per dare al messaggio un alto livello di squisitezza e perfezione. Conosco quelle parole, le ho già sentite.

Ora, poggiando il foglio sulle ginocchia: “Signore, io che osservo le empietà degli uomini, concedimi di fare loro quanto è proprio delle mie qualità, affinché riconoscano che tu solo sei Dio. Hanno osato profanare in me il tuo santo nome. Permettimi di insorgere e coprire ogni selva, gli alberi e il mondo intero fino a che elimini dal tuo cospetto tutti i figli degli uomini, e riconoscano che tu solo sei Dio”. Taccio aspettando risposte.

Di li a poco, infatti, una voce piena e tonate risponde: “Conosco bene tutto ciò! I miei occhi vedono, le mie orecchie odono, ma la mia pazienza li sopporta fino a quando si pentiranno e convertiranno. Se poi non ritorneranno a me, li giudicherò tutti io”.

Il tipo basso, continua: “Modella come argilla la mia anima che vedo cosi dura, tanto da temere che si spezzi, ora che il tempo inesorabilmente scivola via come acqua che scorre sulla roccia. Sì, tutto è possibile miei cari e illustri fratelli. Ho bisogno, abbiamo noi tutti bisogno del silenzio che ammansisce le fameliche fiere, che vogliono comandare e avere il dominio e non del rumore fastidioso delle parole che distraggono. Dobbiamo essere svegli, attenti e guardare con occhi sbarrati. Voglio che mi guardiate come al vostro fratello più amato. Sottomettermi, il vostro amore mi seduce totalmente.

Ascoltatemi fratelli cari, dopo aver creato il caos attraverso l’ingiustizia, la disoccupazione, la povertà, la malattia indotta dai farmaci appositamente creati dai nostri laboratori, senza contare l’insopportabile pressione burocratica e fiscale, dopo aver preparato la crisi economica e seminato la convinzione che il mondo sia prossimo alla fame… qualcosa di assolutamente nuovo e straordinario sta per accadere, che se volessimo condensarla in una sola parola e con questa accarezzare le nostre speranze, quella parola sarebbe: “educare”. Modellare non solo il pensiero, ma l’idea stessa di coscienza. Un lavoro degno di grandi artisti come il Cellini e il Verrocchio. La morte come libertà, che si oppone alla pietà e alla disperazione. E’ in questo il sublime potere, il segno distintivo della grandezza. Se la morte, che ciascuno può scegliere, è libertà, ne consegue che la vita, che nessuno ha scelto è costrizione. Non più dono, ma condizione coatta, che può essere accettata o respinta secondo la soddisfazione che se ne può o meno ricavare. Che meraviglia, l’opera ha raggiunto il suo picco più alto. Ciò che si ignora, per la maggior parte della gente non esiste, ed ironizza sulla possibilità che esista. Nessuno può rendersi conto di nulla o intuire l’esistenza di qualcosa, se questo richiede uno stato mentale altro, diverso dal solito.

Qualcuno farfuglia qualcosa sul sapere, la ricerca e la scienza, non ho capito bene ma credo stia domandando come agire.

“Certo, naturalmente la diffidenza è un elemento essenziale: guardare, procedere con diffidenza, suscitare diffidenza. Tutto ciò produce pensieri controllabili, nel caso negativo ci penseranno gli psichiatri. Condizionare la mente significa creare instabilità psicologica, perché il timore rende le persone permeabili a qualsiasi suggestione. L’opera è indicare ai popoli in cosa credere e in cosa no. L’instabilità sociale garantisce il nostro Potere e indurrà la gente a non pensare affinché non si accorgano del controllo totale e capillare del nostro operato che deve rimanere nascosto”

Un tizio sale sul lungo tavolo, alza una coppa e urla come un ossesso “Che i cieli diluvino, l’aria tremi, la terra sprofondi e l’acqua cambi colore”.

In un attimo arrivano altri uomini, una strana specie di archivisti che hanno penne al posto di dita. Penne che come una chiavetta usb da computer, scaricano su carta centinaia e centinaia di anni di storia. Penso che sarebbe una gran bella cosa se fosse reale, ma dura poco il mio compiacimento. Questi uomini scrivono con inchiostro che non è inchiostro ma sangue e rispondono a domande terrificanti su come la storia è stata in realtà fatta, studiata, pianificata da costoro.

La Storia, la mia passione! Ridotta ad un triste plastico dove è decisa la vita e la morte. Si guardano e approvano soddisfatti tutte le crisi che hanno provocato, le guerre che hanno lacerato interi paesi e dilaniato popolazioni. Ho tutto chiaro e ho paura, cerco di fuggire.

Ingenuo: loro sanno da un pezzo che sono lì! La voce di mio padre: “Se hai paura concederai loro la tua libertà, è ciò che vogliono”. Ho cominciato a correre per tutte le stanze, ridendo. Appena sveglio, ho acceso la radio mentre mi radevo. Strano, era come leggere un’altra realtà. E mi sono sentito libero.

 

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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