La nostra cultura

Qualcuno vuole distruggere la nostra cultura? Sì, noi

Siamo il paese europeo che spende meno in istruzione e cultura. Una scelta scellerata che fa più male di mille statue coperte. Dove sono finiti i paladini dell’identità culturale?

di Francesco Cancellato

Identità culturale. Nella sua forma più elementare, è un senso di appartenenza. Coinvolge convinzioni, interessi e principi. Spesso si abbracciano tradizioni tramandate per anni. Alcuni sostengono che per una persona è il fondamento su cui costruire ogni altro aspetto del suo essere. E’ questo a renderli ciò che sono.

In ogni caso, l’inutile articolo che segue, pur affermando un’evidente realtà, non risponde a una semplice domanda; perché? Per un bambino è l’unica domanda in grado di interagire con l’ambiente esterno. Il mondo intorno a lui è straordinariamente attraente e carico di curiosità. Perché! Chiede all’adulto spiegazioni su tutta una serie di cose che stimolano la sua curiosità. La risposta deve essere chiara e comprensibile, non tecnica. Se non si conosce è bene dirlo con chiarezza: o si sa o non si sa. In qualche modo, qui, si vuole fare intendere che la causa di tutto ciò sia da ricercare nell’inettitudine di una classe politica. E’ realmente cosi? Naturalmente ha un suo fondamento, è vero. In questo paese non sarebbe impossibile vedere un perito elettrotecnico al ministero della sanità o un geometra ai beni culturali. Sono tanto abili da poterlo fare. Ma, c’è dell’altro? Italia e Grecia occupano gli ultimi posti della lista. Perché? Una domanda interessante. Di una “chiara alma, pronta vista, occhio cerviero” (Petrarca), c’è bisogno per avere una risposta soddisfacente.


Ricordate le statue coperte dei musei capitolini durante la visita del presidente iraniano Rohani? Ricordate gli strali verso quegli zelanti diplomatici che avevano calato le braghe di fronte al feroce – e bacchettone – saladino, coprendo le pubenda della Venere Esquilina, del Dioniso degli Horti Lamiani e di loro, non meglio precisati, marmorei colleghi? Ricordate quelli che dicevano che in questo modo stavamo occultando noi stessi e mortificando la nostra cultura?

Bene, sarebbe interessante sapere dove sono finiti, ora. Perché avremmo un paio di cose da fargli vedere, che a nostro avviso, offendono la nostra cultura molto più di tre scatole di cartone. Sono i dati Eurostat sulla spesa in istruzione e cultura in Italia e sono stati resi pubblici lo scorso 26 marzo, alla vigilia di Pasqua

La facciamo molto breve: l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata all’istruzione e al penultimo, davanti alla sola Grecia, per quella destinata alla cultura. A quello che, in teoria, dovrebbe essere il nostro petrolio – la cultura – destiniamo lo 0,7% del Pil, laddove la media europea è l’1%. All’istruzione, invece, destiniamo il 4,1%, contro il 4,9% europeo. Il tutto, nonostante la nostra spesa pubblica complessiva sia tra le otto (su ventotto) che superano complessivamente il 50% del prodotto interno lordo.

Ok, fa molto meno scena di una statua coperta. E tira molti meno applausi della giaculatoria contro il presidente bacchettone in visita diplomatica. Però questi numeri dovrebbero farci altrettanto orrore. Perché è difficile non essere sottomessi dalle culture altrui, se non si investe in tutela, produzione e promozione culturale. Perché è impossibile che la nostra cultura si tramandi nel tempo se non si investe in istruzione.

Non c’è bisogno di califfi, di sultani o di ayatollah, quindi. A distruggere la nostra cultura siamo bravissimi da soli.

http://www.linkiesta.it/it/article/2016/03/27/qualcuno-vuole-distruggere-la-nostra-cultura-si-noi/29773/

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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