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Kabul, primo cinema per le donne

è più di un semplice luogo dove guardare un film

 Anche se a Kabul non c’è alcuna politica che vieta alle donne di trascorrere un pomeriggio a teatro o al cinema, in Afghanistan, questi, sono stati a lungo considerati off-limits per loro.

Proprio a Kabul, all’interno di un elegante centro commerciale una rivoluzione silenziosa è in corso. Il cinema Galaxy Family Miniplex, appare ordinato e moderno. La differenza più grande è il pubblico. Qui le donne arrivano spesso senza un mahram (un membro della famiglia che fa da “scorta” a quelle ragazze considerate ancora inadatte al matrimonio). Il Galaxy è, di fatto, il primo cinema in Afghanistan per le donne. Negli ultimi 15 anni, i cinema sono stati territorio esclusivo degli uomini e considerati off-limits e inadeguati per le donne. Non era difficile trovare fumo di marijuana addensato l’aria, nelle sale cinematografiche di Kabul, piene di ragazzi e uomini che fischiavano e battevano quando un personaggio femminile appariva sul grande schermo. “Questo è davvero qualcosa di molto radicale in Afghanistan”, dice Abu Bakar Gharzai, che ha aperto il Galaxy nel marzo dello scorso anno.

Gharzai è cresciuto come rifugiato in Pakistan studiando in seguito in India. Quando è tornato in Afghanistan nel 2008, ha subito notato che non c’erano molti posti dove andare tutti insieme, è per questo che ha deciso di aprire un cinema dove le donne possono andare tranquillamente. I Cinema in Afghanistan non sono sempre stati dominati dagli uomini. Durante il governo di re Mohammad Zahir Shah, dal 1933 fino al 1973, e il regime comunista, dal 1978 fino al 1989, Kabul sembrava molto diverso di quanto non sia oggi; non era raro vedere donne in minigonna, senza velo, studiare o lavorare, e le sale cinematografiche erano una comune forma di intrattenimento per entrambi, uomini e donne. Portavano anche il pranzo nelle sale cinematografiche e non c’era nessun problema allora.

Una volta scoppiata la guerra, i cinema furono trascurati. Ai teatri, per un po’, fu permesso di continuare a funzionare. Poi, quando i talebani assunsero il potere nel 1996, film, televisione e ogni tipo di musica vietata. Dopo il 2001, alla caduta dei talebani, i cinema hanno aperto le porte di nuovo, ma gli effetti del fondamentalismo religioso sono lenti a svanire; per più sezioni religiose della società, i film sono rimasti una forma di illecito intrattenimento. Gli stessi uomini sono spesso in imbarazzo ad ammettere che vanno a cinema. Gharzai dice di aver ricevuto minacce online da fondamentalisti religiosi. E mentre non c’è alcuna politica specifica che vieta alle donne di trascorrere un pomeriggio al cinema di oggi, la maggior parte di loro sta lontano per paura di molestie, o perché le loro famiglie non le lasciano andare. Le donne in Afghanistan non vanno al cinema perché ai loro mariti e alla loro famiglia non piace. Forse pensano che ci sarebbero troppi ragazzi lì e non permettono loro di andare. Forse gli uomini avrebbero cercato di parlare con loro.

Nella maggior parte delle sale cinematografiche della città, si trova una folla di lavoratori a giornata: negozianti, macellai e disoccupati in cerca di un paio d’ore di divertimento. I biglietti al Pamir (un altro cinema molto frequentato di Kabul) costano meno di un dollaro. “Se ci fossero le donne qui, (il pubblico maschile) andrebbe sicuramente a molestarle”, dice Rohid, 20enne patron del Pamir Cinema. “La società non si è sviluppata abbastanza per le donne, tanto da essere in grado di venire qua.” Al Galaxy, i biglietti sono quasi cinque volte più costosi, e gli uomini possono frequentare le proiezioni, solo se sono parte di una famiglia, o se non ci sono donne presenti. Per alcune donne, il cinema si è già trasformato in qualcosa di molto di più. E’ un luogo, dove le donne possono andare a rilassarsi. Si viene al cinema “per uscire, non per un film”. Non vi è nessuno spazio per le ragazze per sedersi e parlare in tranquillità, ed è per questo che molte cominciano a preferire il cinema ai numerosi bar e ristoranti ospitati nello stesso centro commerciale. Questo è un posto migliore, molto più sicuro per le donne.

E’ bene che ci sia un posto come questo a Kabul.

Q & A con Jonathan Saruk

di Pauline Eiferman

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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