Madri

Storie di vita vissuta, ovvero il grande palcoscenico del mondo

Madri. Secondo alcuni il termine presenta, in ogni lingua, la ricorrente lettera “m” per la facilità di articolazione della stessa, che si adatta perfettamente all’apprendimento del linguaggio nei bambini.

Villa Rossi a Sestri Ponente, Genova. Una fresca mattina, un incontro casuale. Una storia unica, vera e incredibile

Il destino doloroso di una donna che ha voluto vivere oltre la morte

Villa Rossi, a Sestri Ponente, una mattina di marzo dello scorso anno. Non ero lì per caso, aspettavo di incontrare una persona che poi è arrivata con un certo ritardo. Giusto il tempo per conoscere Fernanda e la sua storia. Le panchine sono di quelle che ospitano più persone, larghe e con uno schienale forse un po’ troppo convesso ma rappresentano un’oasi se si ha voglia di trascorrere un po’ di tempo nel relax di un verde curato. Fernanda ne occupava da sola una intera, intenta a sferruzzare mentre mi avvicinavo con il cellulare all’orecchio, che squillava senza risposta. Mi misi a sedere, osservando la velocità con cui intrecciava una bella lana giallo ocra. Una maglia dietro l’altra, lo sguardo fisso. Poteva sembrare il suo mantra, una preghiera muta snocciolata da ferri numero 15, nell’immaginario rosario in cui dritto e rovescio quasi assumono il senso di domande e risposte, errori e perdono.

E’ un punto riso e mi informo sul fortunato destinatario di tanto amorevole impegno: “Mia nipote,  quattordici anni, figlia di mia figlia, ha una passione per i maglioni e io glieli confeziono volentieri, visto che sua madre non potrà mai più farglieli…”. Intuisco dalle sue ultime parole che ha voglia di comunicare qualcosa di difficile e  probabilmente di impossibile elaborazione definitiva, come la perdita di un figlio. Le chiedo di raccontare e il mio invito è subito raccolto. Fernanda ha sessantotto anni, originaria di Imperia, vive a Genova da quando è  rimasta vedova; ha seguito sua figlia che insegnava in una scuola media. Da Guido, meccanico, ha avuto Giuseppe e Rita. Giuseppe ha sposato Ingrid e vive a Colonia, papà di due gemelli, mentre Rita incontra Claudio, ingegnere spezzino che trova lavoro a Genova, dove abita la sua futura moglie.

Roberta è la loro bambina, la destinataria del maglione. “Qui mi sono sempre trovata  bene e malgrado la perdita di mio marito, sono riuscita a ricostruire la mia serenità. Mai avrei immaginato la prova che mi avrebbe riservato la vita, quattro anni dopo”. Rita è morta di leucemia a quarantuno anni, un decorso sofferto, intere notti trascorse accanto ad un letto, prima in ospedale poi a casa. “Sapevamo che il suo destino era segnato. Non mi importava più nulla di me, ogni minuto del giorno l’ho dedicato a lei, cercando il modo per farla rivivere dopo, con mia nipote. Avevo una grande forza. Non so da dove provenisse e davanti a Rita sono riuscita a non versare mai una lacrima. Una sera le preparai la torta di riso e mi disse: lo dovrai fare per Roberta. Insegnale tutto ciò che hai insegnato a me. Ci guardammo negli occhi, eravamo serene, intorno a noi sembrava che tutto e niente ci appartenesse. Era strano ma sentimmo affiorare la consapevolezza che nulla si perde con la morte, si continua a vivere l’uno nell’altro… Non so come spiegarmi, non sono capace di dire a parole ciò che provai però in quel momento, eravamo certe che la sua morte non ci avrebbe separate. Fu dura comunque, un dolore che lacera le carni, vorresti morire tu per darle di nuovo la vita…

Questo era il punto: come ridarle la vita? Fu lì che pensai al Diario Vivo. Presi un registratore e comprai un grosso pacco di quaderni. Ogni giorno, le dissi, insegnerai a tua figlia con questi ed io la condurrò verso l’età adulta sapendo di averlo fatto con te. Dapprima ci diede un dolore smisurato che non tiravamo fuori quasi mai, poi tutto si trasformò in qualcosa che non so… forse un miracolo, ma c’era una gioia particolare, era mista al dolore, si, ma era come lontano, non so.. ci dava coraggio, ecco, mettiamola così. Registrai Rita che dava semplici consigli a sua figlia, quelli che una madre dà tutti i giorni,  cose della quotidianità e poi poesie, brani di libri letti da lei, ricette e anche la sua spiegazione, partecipazione, diciamo così, alle sue prime mestruazioni. Ci sarebbe stata anche lei. Quando non registravamo, scriveva. Finché abbiamo potuto, prima che ogni cosa la stancasse. Abbiamo raccolto un’infinità di quaderni e nastri, li ho catalogati con data e ora. Credo di aver fatto un buon lavoro insieme a lei, anche se una madre non la si può mica sostituire…

Certo, la sofferenza è stata terribile ma ho cercato con tutte le mie forze di dare un punto di riferimento a Roberta, che fosse oltre suo padre e me. Un contatto con sua madre oltre la fisicità, una comunione spirituale che, malgrado la mancanza, diventasse qualcosa per cui gioire soffrendo, mi spiego? Come dire: mia madre non c’è ma c’è, non posso abbracciarla ma posso darle il mio amore comunque, ricordando una carezza, una parola, da portare nella vita come insegnamento. Lei lo ha capito subito, perché i bambini secondo me sono così, profondi e intelligenti. Quando sua madre è morta, non ha voluto ascoltare e leggere tutto subito. Ha lasciato che le sue parole non diventassero una specie di eredità da conoscere immediatamente in tutto. Ha fatto le cose gradualmente. Ora che è diventata  signorina, mi ha chiesto di darle la registrazione di sua madre per quel momento. Comincia così: Robi, dillo a papà e fatti portare al ristorante. La nonna ha un regalo per te da parte mia, ora comincia una nuova vita…” Fernanda ed io siamo diventate amiche. Oggi Roberta è una ragazzina serena, ha un velo di tristezza negli occhi e sembra molto più grande dei suoi quindici anni. Però crede profondamente che sua madre le è accanto. E abbraccia sua nonna, per  trovarla.  (Tieffe)

 

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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