Non toccatemi Charles Laughton

Creazione, distruzione e sostituzione dei miti come manipolazione sociale e deindividualizzazione di massa

Prima parte

di Maria Teresa Falbo

Charles Laughton, attore teatrale e cinematografico inglese, naturalizzato statunitense, fu tra l’altro l’implacabile poliziotto Javert di Les misérables. Seppe rendere ogni personaggio ambiguamente affascinante, grazie a un sapiente uso dello humour e dell’intelligenza. Nel 1934 ottenne l’Oscar come miglior attore protagonista in The private life of Henry VIII e ricevette due nominations nel 1936 e nel 1958 rispettivamente per The mutiny of the Bounty e per Witness for the prosecution (1957; Testimone d’accusa) di Billy Wilder. Nato in una modesta famiglia di albergatori, educato dai gesuiti a Stonyhurst, fu mandato dai genitori a lavorare come apprendista cameriere all’hotel Claridge di Londra, ma con i soldi guadagnati riuscì a frequentare la Royal Academy of Dramatic Art.

Di informazione si muore. E di linguaggio pure. Perché il linguaggio umano riguarda il sistema di comunicazione e, quando un sistema è possibile, infinite sono le probabilità di sovvertirlo. Crediamo, supponiamo di comprendere ciò che ascoltiamo e, in un’epoca come la nostra, bombardati da una costante “informazione”, è difficile accorgersi delle sottili e raffinate operazioni di sovvertimento costante delle regole del linguaggio, delle espressioni e dei contenuti utilizzati per irreggimentare la massa. Partendo da una regola fondamentale, come già osservato, applicata alle strategie di mercato che è quella di non contemplare il fallimento ma il risultato, non sarà difficile comprendere come i messaggi, subliminali, abbiano il peculiare e specifico compito di mappare la nostra mente rendendoci illusoriamente liberi di scegliere, certi di non dipendere da una realtà creata ad arte. Servono i cinque sensi per esplorare il mondo che ci circonda e se il messaggio è inquinato da modelli di realtà che ci vengono letteralmente imposti, dovremmo chiederci quali sono quegli elementi filtrati nella nostra mente che riusciremo a trattenere. E’ interessante quanto affermano Bandler e Grinder , linguisti e cocreatori del PNL, Programma Neuro Linguistico, ne I modelli della tecnica ipnotica: “Come esseri umani noi non agiamo direttamente sul mondo con il nostro comportamento, quanto piuttosto attraverso una mappa o modello di quello che crediamo sia il mondo”. Quali dinamiche si andranno a mappare nel territorio della mente? E se la mappa non è il territorio ma il risultato di ciò che ci viene proposto come guida e modello di comportamento individuale e dunque sociale, che esseri umani siamo?

I mandanti della comunicazione puntano essenzialmente sulla spettacolarizzazione, applicata con assoluta spregiudicatezza secondo l’obiettivo eloquentemente descritto da Bernays “Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che controlla. Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare”. Bernays è l’inventore dell’ingegneria del consenso e della sua mostruosa macchina occulta dell’informazione. Nipote di Sigmund Freud ed emigrato negli Stati Uniti alla fine dell’ottocento, rielaborò e applicò i concetti enunciati da suo zio, trovando ispirazione da Gustave Le Bon, autore di Psicologia delle Masse (1895, Parigi), ove propone tecniche finalizzate alla sua guida e al suo controllo. Al servizio di presidenti come Roosevelt, Wilson, Coolidge, Hoover, Eisenhower e di corporazioni come la Lehman Brothers, Bernays fornirà quella tecnica di propaganda (usata fino ai nostri giorni, ovviamente), lavoro scientifico con regole e leggi, che verrà sistematicamente applicata per sortire e realizzare gli interessi e le finalità del Potere. Benché accusato dal giudice della Corte Suprema, Felix Frankfurter, di essere un avvelenatore professionista dei cervelli della gente, Bernays figura tra i cento uomini di enorme influenza del XX secolo. Nel suo Propaganda (1928), afferma che la più grande caratteristica di democrazia è la manipolazione della coscienza collettiva da parte dei mass media e pubblicità. Si tratta del Potere invisibile per controllare una nazione e, dunque, un popolo. E l’avvelenatore delle menti che per definire se stesso nella mistificazione universale, nella tecnica di persuasione di massa, coniò il termine di consulente delle relazioni pubbliche, era ormai protagonista al servizio della macchina consumistica studiata dal Sistema attraverso politica e banche che rimanevano, secondo strategia, nel più rigoroso anonimato.

La propaganda aveva avuto un enorme risultato durante la prima guerra mondiale tanto che, disse Bernays “aveva aperto gli occhi a molti”, in diversi settori dell’economia e delle istituzioni, sulle grandi potenzialità delle nuove tecniche di regimenting the public mind, ovvero irreggimentare l’opinione pubblica, la mente di un popolo. Di questo era ben consapevole anche l’industria cinematografica americana che accese ulteriori riflettori sulla creazione dei divi, rendendoli miti anche oltreoceano. Non solo film perciò ma anche promotori di prodotti, gli attori diventano prodotti essi stessi. Si sottoscrivono contratti capestro con l’ assoluta osservanza al Codice Hays e alle sue clausole di moralità e se ne controlla la vita privata; in definitiva, si tengono in pugno con i dossier che perfino l’FBI commissiona.

Così, mentre in epoca di maccartismo, l’esasperata paura dei rossi imperversa mettendo alla gogna artisti che compaiono di fronte alla Commissione per le attività antiamericane, parallelamente si continua a spiarne il privato e si tace sulle loro preferenze sessuali. Perché mai, visto che l’omosessualità era bandita e ancora nel 1966 era proibito servire alcolici a questi clienti? Difficile pensare che le faccende private dei miti creati da Hollywood non interessassero nessuno, l’editoria e i settori commerciali ci guadagnavano infinitamente, il cinema faceva botteghino, insomma non si creano miti perché siano distrutti dandoli in pasto alla massa affamata di pettegolezzo o, meglio, ammaestrata a questo, rinunciando all’arricchimento. Ma questa è solo una semplice quanto naturale risposta. La parola chiave sta nel regimenting the public mind, irreggimentare la pubblica opinione, indirizzare le menti, i gusti, le preferenze. Non era ancora il tempo affinché la massa accettasse l’ammaestramento circa le preferenze sessuali: prima si deve cambiare la mappatura del cervello.

L’America ha un bel da fare ancora a mantenere vivo e vegeto il puritanesimo, costume che non ha mai abbandonato poiché funzionale. E’ produttivo e il sistema rappresenta una formidabile macchina di propaganda, soprattutto per le mire egemoniche oltreoceano che, come sempre, impacchetterà con la carta dorata della democrazia e dei diritti umani. Perciò, quando già dal 1995 (solo un anno dopo il primo gay pride), per intensificarsi nel 2009, compaiono sistematicamente in Italia articoli sulla presunta o acclarata omosessualità o bisessualità di attori ed attrici che hanno rappresentato il mito americano e il suo star system, viene da chiedersi a che pro, dopo più di cinquant’anni. Perché attualizzare costantemente articoli datati ai quali, cambiato il titolo, si ammanniscono come novità? Kennet Anger, il suo primo Hollywood Babilonia lo pubblicò in Francia, nel 1958 (in Italia è tradotto solo nel 1975, mentre il secondo nel 1984, per rendicontarci sugli anni successivi) per alcune storie delle quali non c’è riscontro nemmeno della Polizia.

Critiche a discredito sono state fatte anche dallo storico cinematografico britannico Kevin Brownlow, premio Oscar alla carriera dalla Academy of Motion Picture Arts Sciences, secondo il quale “ Il metodo di ricerca di Anger è per lo più telepatico”. Ma i lettori americani sono ammaestrati sin dal 1890, epoca dello Yellow Journalism o giornalismo scandalistico. La tiratura, già in quegli anni, era arrivata a quarantottomila copie l’ora, scandali e pettegolezzi da dare in pasto a lettori il quale ammaestramento, contagioso, richiedeva costanti notizie fresche. Ovviamente sensazionali ed anche piccanti, come pruderie desidera. Come in ogni mercato il consumatore esige dunque, merce di prima mano che, per essere soddisfatta, impone una velocità tutta a scapito dell’attendibilità delle fonti se non l’assenza di esse, della veridicità, ammesso che di questo si sia sempre trattato. Ciò sta a dire che il consumo impone l’abbandono dell’informazione soppiantata dal pettegolezzo fatto passare per notizia, scandalosa, ovviamente. Si abbassa il prezzo, arrivando al centesimo a copia. Agli incredibili guadagni, giocoforza si punta sulla pubblicità.

Qui non mancheranno di fare la loro parte anche la radio e la televisione e i modelli di Bernays, basati sul catturare desideri e paure delle folle soprattutto attraverso messaggi sessuali, manipoleranno la fruizione del cinema. Sarà un caso che Bernays, l’inventore dell’ingegneria del consenso e della Propaganda, sarà chiamato da William. R. Hearst, editore e politico, rappresentante del Partito Democratico? Proprio lui, del resto, è il fondatore, insieme all’eterno concorrente Pulitzer, dello Yellow Journalism. Hearst aveva bisogno di pubblicizzare le sue riviste femminili, lavoro che Bernays svolse magnificamente. In fondo, fu lui a suggerire ai produttori di automobili, di venderle come simboli di sessualità maschile.

Bernays spopola già da un pezzo, a braccetto con Potere e Corporazioni con la tecnica applicata della Propaganda e della Crystallizing public opinion (1923). Costui gli ha insegnato e dimostrato che la massa è incapace di volontà duratura e niente di tutto quello che fa è premeditato. Un vero e proprio accredito al totalitarismo.

“I desideri dell’uomo devono mettere in ombra le sue necessità e cambiare l’America affinché da cultura dei bisogni diventi cultura dei desideri”, dice il suo committente e amico Paul Mazur, banchiere della Lehman Brothers. Principi esportati su larga scala mondiale. Ma da cosa sono rappresentati questi desideri, soprattutto, rispecchiano realmente i sogni e le ambizioni della gente? Se il pubblico/massa è un gregge che ha bisogno di essere guidato, secondo Bernays, e controllato senza che lo sappia, dov’è il confine tra consapevolezza e manipolazione? L’affermazione che in quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico, o negli affari o nella nostra condotta sociale, o nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse.

Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone”, sostituisce quello che immaginiamo sia il vero Potere rappresentato dai parlamenti ai quali il popolo assegna la Sovranità e che la società in definitiva è dominata da un pugno di persone? Un’oligarchia invisibile che orchestra l’illusione della libera scelta in ogni ambito della vita? Bernays professa la manipolazione sistematica del popolo, definita ingegneria del consenso, in nome e per profitto di una “verità superiore”, alla massa naturalmente, rappresentata da una oligarchia invisibile altrimenti non ci sarà democrazia. Ossia, la manipolazione è la ragione d’essere della democrazia, il fulcro intorno al quale si aggrega la massa che vive non già per la propria libertà ed esperienza evolutiva ma per garantire l’esistenza di una oligarchia, diventando funzionale ai suoi scopi, al potere di agire indisturbato, per legittimare i suoi obiettivi e le sue finalità. Insomma un potere di vita e di morte che fonda e garantisce la propria esistenza sul principio Eros/Thanatos, amore e morte, vita e morte, sia in senso letterale che metaforico.

Ed è in questa metonimia, nella sostituzione di un termine con un altro, nel gioco della sostituzione del linguaggio usato e finalizzato al controllo della mente che il Potere esercita la sua presenza nel conflitto sociale, indotto e costante, nella falsa e illusoria convinzione dei singoli circa la propria libertà di scelta. La spettacolarizzazione del cambiamento, veicolato e alimentato dal potere della mistificazione del linguaggio di una falsa comunicazione, altro non è che un preciso programma di manipolazione.

Nessun cambiamento è possibile senza la volontà individuale ma se questa volontà è guidata, pilotata verso scopi dei quali non siamo consapevolmente al corrente, potremmo definire autentico il cambiamento e autentica la volontà individuale? Potremmo dire di essere gli artefici della mappa del territorio? E’ nella grande spettacolarizzazione di esso, nella forzatura degli eventi, nella replica sistematica delle informazioni che viene agito il “cambiamento”. Un continuo snodarsi di eros e thanatos. Perciò i miti devono essere sostituiti. Vale in politica come nello spettacolo. Perciò i miti creati dallo star system hollywoodiano devono morire, distrutti da rivelazioni che, vere o presunte vere o false, devono lasciare il posto alla creazione di altri miti, funzionali ai tempi e al Sistema che, nell’illusione del cambiamento, dia inizio al percorso di autodistruzione individuale, allo smarrimento e alla confusione, alla privazione e all’impoverimento spirituale. Una massa miserabile nella miserevole, squallida e falsata interpretazione di se stessa sul palcoscenico allestito dall’oligarchia.

I Divi, i Miti

L’elenco dei miti riportato in queste biografie, è nutrito e ne fanno parte artisti di grande talento come Marlon Brando, Paul Newman, Spencer Tracy e la Hepburn, Steve McQueen. Accidenti! Leggendo i nomi ti rivedi personaggi memorabili, giganteschi in film indimenticabili, miti usciti dalla Scuola-Mito dell’Actor’s Studio di New York, che, stando ai racconti e ai pettegolezzi sembrerebbe una fucina di maniaci sessuali, drogati e alcolizzati. Come dire che Lee Strasberg ed Elia Kazan, che lo hanno fondato nel 1947, a New York, fossero dediti a raccattare emarginati e disadattati con la parvenza di artisti piuttosto che allenarli a diventare grandiosi con i loro talenti. Leggendo scorrono molti altri nomi passati alla lista dei diversi. Lo dice Scotty Bowers specialissimo confidente delle star, all’epoca benzinaio della Van Ness Avenue, in un libro che pubblicherà nel febbraio 2012, a 88 anni. Dice che “finalmente ora che sono tutti morti, la verità non può più far male…”

Lo dirà Fred Oash, investigatore ingaggiato sì da molti divi ma anche al servizio della FBI, testimone, pare, di orge e di melanges di corpi avvinghiati nelle viziose notti americane, con protagonista Bowers, ossia Scotty il benzinaio, talvolta, a gradire. Poi ci sono anche biografi che, autorizzati o meno, ci dicono tutto sull’uso di orifizi che i miti del Potere usano spesso e volentieri. Da parecchi anni, pretesi siti di informazione online come anche quotidiani a tiratura nazionale, sistematicamente pescano su questi incontrovertibili pettegolezzi, per dare lo spaccato sociale utile al Sistema. Il tutto inserito in una descrizione di essa che ha le caratteristiche delle lupanare della romanità a cielo aperto che, ormai, non sono più reato (sono scomparsi gli effetti penali, nessuna condanna per atti osceni, secondo Cassazione, per effetto della depenalizzazione del reato attuata dal DLgs n.8 del 2015). Perché mai, almeno dal 1995, gli organi di stampa, anche e soprattutto online, non mancano di informarci sul cambiamento e le nuove abitudini sessuali? E queste nuove abitudini chi le ha sbandierate?

L’editoria che ne pubblica, ha notizie di prima mano, si direbbe. Ma di quale mano si tratta? Diremmo della solita che, come quella di certe bambole, si gonfia e si sgonfia, respira o è inerte, a seconda dell’uso: l’informazione di regime. Che ha i suoi zelanti esecutori, pronunciatori, profeti. Affermazioni supportate dalla dottrina proclamano con il rigore dell’obiettività e delle considerazioni scientifiche che “… è inevitabile che la sessualità si evolva sempre di più alla omosessualità e alla bisessualità e questa evoluzione non ha una data di inizio né fine..”. Singolare che a questa rivelazione faccia eco, identica, quella di un famoso porno divo il quale, solo qualche giorno fa, ha vaticinato, tranchant, che “ Il futuro del porno è la bisessualità”.

Insomma, l’unico futuro certo è la bisessualità o l’omosessualità. Come se la sessualità abbia un futuro, da declinarsi non più al presente dell’io sono ma all’io sarò, in un costante e sistematico processo di deindividualizzazione di massa. Lo dice la scienza, esse maiuscolo. Lo ripete il porno divo futurologo che, come tale, deve sondare e conoscere il potenziale del mercato e perciò ha necessità di avere risposte a tempo debito.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.