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L’onore come biglietto della follia

di Maria Teresa Falbo

L’onore. Nei falsi interrogativi indotti dagli ingannatori di popolo, sta l’arte di svuotare le parole del significato e riempirle di un altro. Lo scopo è, naturalmente, quello di fuorviare dal corretto uso dell’osservazione, della riflessione e della critica.

La mistificazione ha perciò, un ruolo fondamentale nella lettura della Storia dal momento che, ormai, non sfugge a nessuno che questa è scritta dai vincitori. Certamente vincitori del nulla, stando al fatto che la Storia è il risultato di cospirazioni e baratti con finalità radicalmente diverse da quelle che, in genere, vogliono darci a bere. Ma le parole sono energia e materia e, come tali, creano la realtà proiettata dal pensiero fuorviato nella gente. Una di queste è Onore.

A molti suonerà distante, ricamato di romanticismo ottocentesco allorquando, in fumose campagne, i duellanti intendevano riscattarlo con le armi. Mentre ad altri, ancorati ai paradigmi ideologici, verrà in mente il fascismo e i suoi muscoli o, addirittura la mafia che, chissà poi perché, appare come la custode del codice d’onore, di giuramenti sacri ed inviolabili, comuni ai dediti del malaffare e del crimine. Ma Onore è ben altro e non ha nulla a che fare con le moderne accezioni che vengono spiegate nei vocabolari di regime.

E dal momento che la modernità ha siglato per noi vocaboli scelti, lemmi che ci rassicurano sull’essere socialmente accettati, espressioni linguistiche che ci mettono al riparo dall’essere tacciati come nazionalisti, l’Onore va a fare compagnia a quei termini che suonano sempre sinistri, in rapporto alla storia, inducendoci a vergognarci, quasi, dal suo uso e dal riconoscerci in una di quelle categorie estetiche profuse di scomode ideologie, e di incostituzionali apologie. Come se l’anima debba rispondere di se stessa, del suo modo di sentire, della sua modalità del conoscere. Cosicché, la modernità, sembra pretendere la prova della tuo rapporto con la vita, del tuo DNA, del tuo modo di stare al mondo.

La modernità e il Sistema, il tuo modo di stare al mondo è ciò che non gli aggrada, perché ti teme, teme la tua immanente natura di essere creativo, mistico nel suo legame con la natura, solidale in quello con gli uomini. Onore. Non è qualcosa che si dimostra e trae la sua sostanzialità nella consapevolezza che il rispetto è necessario ad uno spirito in costante evoluzione, così come l’uomo lo è.

L’onore non è un dovere, non è un dettato insegnato dal bon ton, ma una di quelle categorie estetico – morali nelle quali si riconosce chi vive in funzione di una propria visione del mondo. Non ha necessità, nemmeno a richiesta, di dimostrare la sua natura e la sua sostanza.. Perché, se così fosse, rappresenterebbe una regola e, dunque, l’osservanza a qualcosa che non è, che manca.

Quando “dare la parola d’onore” aveva un significato profondo, che sintetizzava morale, amore, gratitudine, fedeltà, lealtà, scelta, ci si riferiva alla capacità individuale di comprendere tutto questo, non certo a dimostrarlo. Era qualcosa a priori. Perciò, mentre si è conservato il sentimento dell’onore e del suo aspetto emotivo, il termine è stato fagocitato dal linguaggio strumentale politico.

Ad un essere umano viene richiesta la prova del suo onore, prova che nasce con il potere del controllo. E’ l’inquisizione fatta Sistema che coercizza attraverso il sospetto. L’uomo nasce innocente per finire colpevole di esistere. Va da sé che la politica ha strategicamente imparato e rubato molto alla religione, a quell’unione col tutto (re-ligio) nella quale il Tutto è rappresentato esclusivamente dal Sistema, che si è già sostituito a Dio, spacciandolo come un secondino, un aguzzino la cui inclinazione è punire, schiavizzare e non già Amare. Un sistema che ha costante necessità di controllare gli individui e la loro mente, è fondamentale per la sua stessa sopravvivenza, così come esercitare il diritto della prova, della dimostrazione.

Ma in una falsata e mistificata visione del mondo e degli uomini, chi potrà mai prendere in considerazione la parola di un altro? L’onore, perché possa essere pronunciato, ha bisogno di essere modalità del conoscere la vita, sentirla e rispettarla così come ha bisogno del coraggio di chi l’accetta, l’onore. Coraggio di infrangere le sovrastrutture funzionali al sistema, auto ristrutturandosi con nuove – nel senso di riscoperte – regole di vita. Quando si è fatto a pezzi il codice d’onore di un individuo, quando si è fatto a pezzi la modalità naturale con la quale la gente “si incontra”, si è fatto il gioco del sistema.

Cosicché si diventa burocrati di se stessi, ingranaggi meccanici che devono mantenere in vita il potere, le oligarchie che regnano sulla protervia e sulla vigliaccheria di coloro che hanno venduto, più o meno consapevolmente, i sentimenti, imprigionati dalle paure. Ritrovando il proprio coraggio, il senso della permanenza su questa terra che un pugno di uomini crede sia sua esclusiva proprietà, l’onore avrebbe qualche chance di avvolgerci nella sua pacifica volontà. Un biglietto della follia, per cominciare a vederci chiaro e stanare chi ci ha indotti a credere che la follia è roba da psichiatri. Folle è colui che ha il coraggio di scoprire e riscoprire in se stesso, i doni di Dio e dividerli con i suoi simili.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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