proposta

 

Per una migliore e più completa professionalità

Professionalism1

Una proposta per una migliore e più completa professionalità.

Professionalità è competenza, scrupolosità e adeguata preparazione. Professionista, sottintende anche la possibilità di muoversi in ampi spazi di autonomia progettuale e di implementazione; è la continua nonché inevitabile ricerca di strade sempre più efficaci per sviluppare idoneità ed esperienze, ma anche l’obbligo di rendere conto all’utenza e alla società delle scelte operate e dei risultati raggiunti. Questo è tipico di ogni professionalità. Se cosi non fosse, non potremmo parlare di abilità nel risolvere determinate questioni, tutt’al più dovremmo indicare un professionista come un funzionario atto a svolgere un determinato compito e nulla più.

Ma c’è ancora qualcosa di particolarmente interessante da evidenziare. Un professionista, prima di operare, sottoscrive un patto con l’utenza; un’intesa ideale evidentemente, non vincolo giuridico (questo lo diventa solo nel momento in cui si firma un contratto). Qui si vuole intendere, che un professionista adotta un suo specifico modello verso cui far tendere la propria azione nella capacità e nella conoscenza. Un esempio che si propone di esplicitare obiettivi, contenuti, metodologie e modalità di verifica del percorso intrapreso e degli esiti conseguiti. Chi di noi, trovandosi nella necessità di una consulenza professionale, prima di bussare ad una qualsiasi porta non abbia raccolto le dovute informazioni per cercare il meglio disponibile sulla piazza.

È, da parte del professionista, un’assunzione di responsabilità, ed è in questa prospettiva e, che si gioca il miglioramento dell’offerta e il destino di una società libera inclusiva di qualità.

In qualunque ambito si operi, tutti auspicano di intraprendere un cammino riformatore, ritenuto “essenziale” per “una professionalità e una formazione sempre migliore”. E’, sostengono, un impegno forte che va assolutamente intrapreso se si vogliono avere buoni risultati. Del resto, sia per il singolo che per l’impresa poter contare su regole chiare e certe è ritenuto quanto mai necessario visto che è su questo che i professionisti fondano la loro azione.

Si avverte, inoltre, una inadeguatezza del dato normativo della legislazione, da qui il desiderio di molti di porvi in qualche modo rimedio. Per quanto non tutto si può prevedere complessivamente è evidente a tutti una scarsa chiarezza delle norme e una scarsa prevedibilità delle decisioni. Un fatto inevitabilmente negativo per l’economia e per gli investimenti. Che cosa si potrà mai fare in un Paese dove non sai mai con certezza quali siano le regole, dove è soggetto a ipotesi di sanzioni penali non prevedibili o aspetta anni per avere una decisione?

e in ambito artistico?

E’ noto a tutti come l’arte sia un idea alquanto fluida, difficilmente definibile in modo assoluto. In ambito teatrale ci sono straordinari artisti alla continua ricerca di nuovi linguaggi e generi. Esplorano, indagano quanto è ancora sconosciuto, acquisiscono nuove conoscenze e buttano via verità vecchie e datate.  Travalicano i confini di quanto è già determinato e sono strutturalmente deviati dal comportamento condiviso di comode maggioranze. Con il termine artista si vuole spesso implicare un giudizio di valore attribuendolo a chi nell’arte professata raggiunge l’eccellenza. Non lo è in modo particolare per un attore e vedremo perché. In ogni caso, se tutto ciò non fosse vero, come potrebbero dichiararsi artisti, cosa ne sarebbe della ricerca, dello studio, della pratica artistica a cui dedicano gran parte del tempo. E’ questo che distingue questo tipo di professionalità da altre. Di conseguenza prendere un artista/attore inserirlo in una struttura in qualche modo organizzata oppure identificarlo in una specifica categoria è piuttosto difficile. Gli stessi artisti non vorrebbero, proprio perché sono loro stessi a creare nuove categorie, nuove definizioni artistiche, nuovi forme di arte performativa.

Il mestiere dell’attore è guardato con simpatia, quasi sempre. Del resto abbiamo una lunga tradizione in merito, la commedia dell’arte ci dice qualcosa…

Acrobati ciarlatani e narratori ci siamo esibiti in fiere o mercati, siamo stati giullari e buffoni alle corti dei re e dei nobili. Poi, a metà del Cinquecento più o meno, cominciammo a riunirci per dar vita a spettacoli più complessi; che meraviglia, potevano finalmente essere “comprati”, e non solo dall’aristocrazia ma anche da un pubblico meno ricco, mediante la vendita di biglietti di ingresso. Fu una grande rivoluzione che ci garantì una vita dignitosa.

altre volte con scherno, o con un mezzo sorriso che sottintende il pensiero ironico: “questo non ha voglia di fare un cazzo di niente e si è trovato l’alibi dell’artista”, oppure “ma che tipo originale ed eccentrico, simpatico però”. Siamo sinceri, attori credono di esserlo un po’ tutti. Un po’ come quando gioca la nazionale di calcio, ognuno ha la formazione vincente e in caso di sconfitta sappiamo dire con esattezza quali siano le cause e che cosa il tecnico avrebbe dovuto fare per vincere. Eppure l’attore è un mestiere antico e prezioso, artistico e artigianale insieme, necessita di doti naturali e di una lunga preparazione e costante allenamento. Tutto il resto è dilettantismo, divertimento amatoriale, esibizionismo, tutt’al più cabaret (non me ne vogliano gli appassionati dei vari Zelig Circus voglio solo sottolineare che sono due cose diverse).

Vogliamo poi parlare dei cosiddetti “Amministratori della cultura”? Qualcuno forse pensa che riescano a riconoscere qualcosa che a ha che fare con la cultura e l’arte? Non perdono certo il loro tempo a distinguere l’arte dai rifiuti. Ci sono anche persone preparate e capaci naturalmente, si un tempo c’erano. A Roma, lo straordinario Renato Nicolini che cosa riuscì a fare. Una Roma fino ad allora deserta (in estate) si riempì di eventi eccezionali. Oggi non è difficile vedere Assessori e Dirigenti pubblici finanziare progetti astrusi, occasionali ed improvvisati proposti da Associazioni Culturali locali, dialettali, amatoriali, parrocchiali, (politicali), senza badare al merito né alla qualità dell’iniziativa. Gli Assessori che si affidano a parenti e amici per stilare programmi al limite del reale: se il vicino di casa si diletta nel teatro dialettale ecco fiorire in città allegre commedie in dialetto, se la zia canta nella corale la domenica via ai concerti vocali a cappella, se il figlio ha una piccola band punk la piazza della città risuonerà di musica assordante. Il tutto incurante di un programma omogeneo o di una linea culturale.

Qualunque cosa si voglia fare, niente e nessuno può garantire il lavoro di un attore/artista. Questo vale per qualunque tipo di professionalità, in modo particolare per questa.Cosa vogliamo dunque? Tutti sono concordi nel ritenere la figura dell’attore ormai priva di qualunque professionalità. E’ stata cancellata nel sentire comune l’idea stessa di professione. Esiste un gruppo (ne parleremo) il quale partendo da questa considerazione che formula la sua proposta (condivisibile o meno è pur sempre una proposta).

L’artista di professione, sia esso attore, musicista o danzatore, per vivere del suo lavoro investe in tempo e denaro tutte le sue risorse con anni di sacrificio: è evidente che eserciterà la sua arte in una dimensione economica. Qualcuno conosce un architetto disponibile a fare un progetto gratis o un chimico a cui chiedere analisi di laboratorio per divertimento? O anche un artigiano che in cambio del suo lavoro si accontenti di una pizza e una birra? Se vogliamo costruire un ponte ci rivolgeremo a ingegneri specializzati e a ditte affidabili che in cambio di denaro realizzeranno l’opera. Il denaro non è lo strumento del diavolo, è lo strumento dell’uomo moderno che realizza il proprio destino e manifesta le sue capacità. Ora non si capisce perché per organizzare un festival, una mostra o un evento culturale le Amministrazioni non si rivolgano a professionisti del settore ma si affidino spesso ad “associazioni senza fini di lucro” (formula così cara a molti). Ma perché mai uomini e donne dovrebbero lavorare ed impiegare le proprie idee ed energie per non averne un utile? Forse per il bene comune? Forse per amore verso i beni artistici?

 I veri professionisti producono arte “per professione” e dunque in cambio di denaro. In uno stato liberale e libero la creatività, l’esperienza ed il lavoro hanno un prezzo. Sempre. Non è straordinario che, a volte, venga indicato come “rimborso spese” o “low budget”. In alcuni casi ti dicono apertamente “non retribuito”. Sia chiaro, un artista può aderire a un progetto anche gratuitamente se dovesse ritenerlo opportuno, e soprattutto non c’è niente di male quando tale scelta è libera e consapevole.

Senza nulla togliere al loro nobile fine e alla loro nobile passione è scandaloso che gli spazi pubblici e i finanziamenti siano devoluti senza controllo ad attività di semplici passatempi da compagnia. Spesso le Amministrazioni danno addirittura i teatri in “gestione esclusiva” a questi gruppi tanto da farne feudi inaccessibili ad ogni altra iniziativa.

Continua…. non è finita qui….

2° aggiornamento

Prima di proseguire, un invito a leggere questo articolo. Potrebbero esserci considerazioni utili ad un eventuale confronto.

articolo-interesse-pubblico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dunque, abbiamo detto che un’artista professionista per dichiararsi tale, dovrà esplicare la propria attività in una dimensione economica. In sostanza dovrà vivere del proprio lavoro. Sembra una di quelle riflessioni scontate e banali,non è vero? Quale artista non lo vorrebbe? Ma, come si suol dire, tra il dire e il fare…. Eppure non è cosi scontato, non lo è per tutti almeno. Provo a spiegarmi.

Parliamo dell’attore. L’essenzialità della sua figura è indiscutibilmente centrale nel processo creativo. Lo è l’artista in senso lato e a lui dovrebbero essere indirizzate ogni tipo di risorse (non solo ma soprattutto a lui).

Articolo-riforme-risorse

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma se non sono destinate a lui a chi altri?

Semplice. Sono quei signori titolari di un potere amministrativo il solo legittimato a dirigere, decidere, scegliere. Un insieme di organi destinati a compiere determinate funzioni tipico di un potere legale e che comodamente chiamiamo burocrazia. Quell’apparato di cui è inutilmente pieno il “sistema”. Lo è in questo ordinamento politico, in questa forma, in questo sistema di governo. Vedere la situazione dei Teatri d’Opera, per esempio. Il disastroso stato in cui versano enti e fondazioni liriche in Italia, sommersi dai debiti, commissariati o in perpetuo stato di mobilitazione. In ambito prosa le ultime notizie dallo stabile di Catania, un tempo uno dei teatri con più abbonati d’Italia sull’orlo del collasso per un debito, pare, di oltre sette milioni di euro.

Strutture speculative il cui fine sta nel consumare qualsiasi bene, qualsiasi disponibilità, fonte, mezzo, possibilità, o potenzialità che il teatro offre o può offrire alla comunità.

E gli artisti in tutto questo? Con una splendida metafora potremmo dire che è come una meravigliosa isola dove natura, sole e storia trovano un connubio perfetto nelle spiagge di sabbia bianca, immacolata come lo zucchero o incredibilmente color rosa, lambite da calme acque cristalline, sovrastate da meravigliose scogliere, alberi di cocco e una vibrante vita notturna. Pochi attori (o molti a seconda del punto di vista) sono lì beati a prendere il sole mentre altri sono in acque agitate annaspando disperatamente con la speranza e l’intento di raggiungere la riva.

3° aggiornamento

E’ nota a tutti la battuta:
– “Lei che mestiere fa?”
– “L’attore.”
– “Si, ma di lavoro?”

Tutto ciò può risultare simpatico e divertente, ma significativa è l’idea di attore che la “spiritosaggine” trasmette. In effetti, alla domanda “chi è l’attore”, cosa risponderemmo? Cosa e chi potrebbe definirlo, soprattutto come. E’ attore chiunque reciti un ruolo? Si, in qualche modo lo è. Ma sarebbe come se, per un momento, ci trovassimo ad avere in mano chiodi e martello ed essere chiamati, solo per questo, maestri carpentieri e sapere tutto di materie pratiche, disegno, calcolo specifico tecnico e costi.

E non necessariamente siamo tenuti a pensare a risposte colte ed erudite, né a definizioni un po’ sempliciotte date da enciclopedie e dizionari.

A questo proposito è interessante leggere alcune considerazioni fatte da Roberto D’Alessandro. E’ bene, che un professionista affronti il problema.

http://www.lavorare-spettacolo.com/ATTUALITA’/Notizie-dello-spettacolo/Chi-%C3%A8-o-cos’%C3%A8-un-attore%3F/

Ci sono, inoltre, da prendere in considerazione, una serie di modelli fondamentali dell’attore che qui riportiamo in modo del tutto schematico.

L’Attore capace di immedesimarsi con tutto se stesso nella vita scenica di un personaggio. Un metodo, o meglio, un “Sistema”. A suo tempo, ciò presupponeva il bisogno di allontanarsi dal dilettantismo e dalla superficialità di molti attori. Si cercava, con questo, di conferire nuova dignità al mestiere, spazzando via faciloneria e approssimazione. Al centro sta una concezione unitaria dello spettacolo, centrata sulla figura del regista e sullo studio attento e rigoroso del testo e di tutte le sue implicazioni.

L’attore “super-marionetta”, il tentativo di dare una forma controllabile e solida e il riconoscimento implicito di un teatro costituito da materia instabile, in cui tutto ciò che accade è frutto del caso e poiché ci si serve essenzialmente del corpo di uomini e donne, tutto quel che si rappresenta è di natura accidentale. Un complesso di elementi materiali senza ordine, il caos in sostanza. E l’arte è l’antitesi del caos.

Il “Grande Attore” di ottocentesca memoria, sopravvissuto in qualche modo fino ad oggi, poeta dell’autonoma creatività e del virtuosismo avvolgente. Una figura fortemente centrata su se stesso indipendentemente dalla parte o dal ruolo.

L’Attore Santo, espressione di un’azione quasi sacrale, la cerimonia di un culto religioso. Non c’è spazio per virtuosismi tecnici né  cliché espressivi, ciò che si compie è un rito. Il corpo, reso consapevole, “danza” nel mondo in cui si trova, per realizzare il bisogno primario di contatto con esso. Esso è strumento evolutivo, grazie al quale dall’oscurità si può emergere nella luce.

L’Attore “deve limitarsi a mostrare il suo personaggio, o per dir meglio, non deve limitarsi a viverlo soltanto. Ciò non significa che, avendo da raffigurare personaggi passionali, egli debba restare impassibile. Ma, in via di principio, i suoi sentimenti non dovrebbero essere quelli del suo personaggio: altrimenti anche lo spettatore identificherà per principio i propri sentimenti con quelli del personaggio”. E’ facile riconoscerne l’autore.

L’Attore Filosofo, ce ne sono stati, straordinari e meravigliosi. Qualcuno si era proposto di fare teatro da solo sotto un lampione, senza convocare spettatori. E l’ha fatto.

E infine, quel teatro di regia specificatamente italiano che aveva lo scopo di “sostituire all’attore-zingaro d’altri tempi un tipo d’artista modernamente consapevole d’una alta missione” in cui l’attore si collocasse come uno strumentista, un interprete lontano dai disprezzati attori che creano ma non sanno farsi strumenti della poesia dell’autore.

Ma poi definire un attore è cosi necessario?

Perché detto cosi, sembrerebbe un falso problema: anche un bambino sa chi è un attore, nonostante non scelga mai di farlo. Di solito, da grande immagina di essere un pompiere, un calciatore o un pilota. Tutt’al più macchinista col fischietto e il berretto e comandare un treno.

Continua….. è un cantiere aperto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.