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La storia del teatro in America

La storia del teatro in America comincia all’inizio del XVIII secolo. William Dunlap, il primo storico del teatro americano, dice che il dramma è stato introdotto in questo paese dagli Hallams nell’anno 1752 quando hanno presentato Il Mercante di Venezia a Williamsburg, allora capitale della Virginia, in un edificio predisposto a tale scopo. “Questo”, dice Dunlap, “è stato il primo teatro aperto in America da una compagnia di comici regolari.” Questa sembra, in realtà, un’affermazione fuorviante, e forse il più evidente errore di un lavoro altrimenti prezioso e interessante. Dunlap aveva ignorato o non era informato di una serie di rappresentazioni teatrali fatte in diverse parti delle colonie molti anni prima dell’arrivo degli Hallams. A quanto pare, non sapeva nulla del teatro costruito a Williamsburg, già nel 1716. Oppure del teatro aperto a New York nel 1732. Egli non menziona, neppure, l’apertura del Playhouse di Dock Street, Charleston, in Carolina del Sud, nel 1736. Curiosamente non aveva mai sentito parlare di Thomas Kean che aveva messo in scena il Riccardo III al First Nassau Street Theatre, New York, il 5 marzo del 1750.

Lo stato della Virginia ha la pretesa di essere considerata la culla del nativo teatro americano, ma il 1752 non è la data di nascita del dramma in questo paese. Proprio a Williamsburg fu costruito un teatro già nel 1716. Sappiamo anche che Kean rappresentò il suo Riccardo III un po’ di tempo prima che gli Hallams arrivarono con Il Mercante di Venezia. In realtà, pare, che gli Hallams usarono lo stesso teatro che la società Murray-Kean aveva qualche tempo prima occupato.

Nel nord, il teatro era ancora considerato la strada per l’inferno e ovunque ferocemente condannato se non addirittura proibito con le pene più severe. Nel 1750 il Tribunale del Massachusetts approvò un atto che proibiva rappresentazioni teatrali e spettacoli di ogni genere. Il 31 maggio 1759, la Camera dei Rappresentanti, nella colonia della Pennsylvania, promulgò una legge che vietava la rappresentazione di ogni tipo. Nel 1761 nel Rhode Island passò “un atto per impedire stage teatrali e altri spettacoli teatrali all’interno di questa colonia”, e l’anno successivo la Camera dei rappresentanti del New Hampshire rifiutò di ammettere una compagnia teatrale alla Portsmouth poiché lo spettacolo poteva avere una “influenza particolare sulle menti dei giovani mettendo in pericolo la loro morale, dando loro un gusto intrigante, di divertimento e piacere”. Una sorta di Santa Inquisizione.

Eppure, nonostante quest’atteggiamento ostile e intransigente verso il teatro, spettacoli teatrali erano di tanto in tanto, se non di frequente, dati, di solito con il permesso speciale delle autorità locali. La probabilità è che le leggi che vietavano commedie, rimasero lettera morta in molte grandi città. In quale altro modo si possono spiegare le rappresentazioni teatrali di New York nel 1702 e di nuovo nel 1732, o nel 1714 a Boston e Philadelphia?

Non si deve dimenticare che, mentre la grande maggioranza dei coloni del Nord si era aspramente opposta al teatro per motivi religiosi e morali, una crescente classe nei centri più importanti si erano liberati da tali scrupoli. Persone con mezzi e tempo libero in cerca di divertimento, naturalmente si rivolse a una forma molto popolare in Inghilterra, cioè il teatro. E non è irragionevole pensare che le colonie siano cresciute in importanza, e la comunicazione tra l’America e l’Europa divenne più frequente, il vecchio spirito di intolleranza inconciliabile che ha messo il divieto su tutti i divertimenti secolari, fu notevolmente modificata, in particolare nelle città. I cittadini di queste comunità, nei loro momenti di svago, senza dubbio spesso desideravano i piaceri del teatro.

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Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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