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Teatro alle Istituzioni o Istituzioni a Teatro?

Il copione della rappresentazione del disinteresse è sempre in cartellone

di Maria Teresa Falbo

Teatro alle Istituzioni o Istituzioni a Teatro? Una buona domanda, senza dimenticare l’affermazione che già Shakespeare regalò al mondo, secondo il quale “La vita è un palcoscenico”.

Il teatro è la vita, ha ricordato Peter Brook, riprendendone lo spirito.

Senza qui voler fare riferimento alla sua Storia o alle sue origini, ci chiederemmo piuttosto dove mai sia finita l’attenzione e l’interesse vero della collettività riguardo il più potente strumento di autoconoscenza che abbia prodotto l’uomo.

L’origine sacra del Teatro dovrebbe far riflettere sul profano cui siamo costretti ormai ad assistere e digerire, metabolizzando non già il suo messaggio culturale, la portata identitaria della collettività umana ma la sua commercializzazione, la reductio ad unum di un patrimonio cui è stata gradualmente tolta la sua essenziale funzione sociale, asservendolo a strategie di natura politica piuttosto che proteggerne la naturale destinazione come strumento di valorizzazione dell’individuo in seno alla società stessa.

Oggi, il significato del Teatro come Arte, espressione e rivelazione dell’essere, è, più che mai vissuto come espediente di propaganda, di messaggi sociali vincolati ad etichette politiche che, nell’autopromuoversi e nell’auto referenziarsi, ne hanno restituito un “congegno” infernale privatizzato da varie lobbies, da sponsorizzazioni opportunistiche, dallo scambio mercificato della Cultura spacciato come non plus ultra della produzione italiana.

Tutto questo appare ancora più evidente dal disinteresse istituzionale verso una scuola che deficita dell’aspetto creativo, che non ha più il ruolo di educare e responsabilizzare i giovani ma che lo ritiene superfluo, avendone ridotto il ruolo a strumento politico, a veicolo di promozione ideologica come sinistra docet, con il quale promuovere l’entourage di appartenenza, gli accoliti che solitamente noti, hanno perso di vista l’autentica funzione e destinazione del Teatro e del come e per chi è nato.

Non c’è che dire: la funzione catartica propria del teatro, è stata trasformata a dovere laddove la catarsi, che rappresenta l’intima capacità dell’essere umano di comprendere sentimenti congiunti alla facoltà creativa e ai processi del pensare, sentire e volere, è stata trasformata in un prodotto politico che ne direziona il messaggio, ne modella il pensiero, ne imbriglia il senso profondo, imprigionando la libertà del sentire.

La cultura “è di sinistra” nella misura in cui essa ha saputo modellarla e mistificarne la destinazione e l’uso, promuovendo una politica di impoverimento, creando il vuoto di talenti poiché non ha usato la meritocrazia ma l’asservimento di chi nel teatro e di teatro vive, vigendo la formula di un “diritto” usurpato col tacito consenso di tutti, che ha dato vita all’espressione più bieca della negazione del diritto alla cultura: l’omertosa mafia dello spettacolo.

Da dove ripartire  per una riforma efficace? Dalla funzione educativa. Teatro a scuola

Il teatro è molto di più del teatro, direbbe Jean Duvignaud, volendosi riferire a ciò che l’arte in quanto tale, ha in sé la potente capacità di prodursi attraverso l’uomo.

Dalla ritualità delle liturgie religiose dalle quali muovono le sue origini, il fondamento del teatro non è mai cambiato. Strumento e guida nel rivelare le capacità individuali di relazione e comunicazione, esso diventa il mezzo per eccellenza di conoscenza, espressione dell’io creativo che tutti possediamo. La funzione maieutica del teatro sta nel “portare fuori” e portare alla coscienza ciò che prima era nascosto, mettendo in contatto noi stessi con il nostro potenziale creativo, laddove creativo rappresenta ogni sfera dell’interesse e dell’agire umano, risvegliando e intensificando così le risorse interiori e la conoscenza del sé, poiché ne promuove il contatto.

In termini di capacità individuali di relazione e comunicazione rivela dunque la capacità innata dell’individuo ad apprendere e sviluppare strategie rispetto alla vita, ai cambiamenti ed ai problemi. Potremmo a questo punto legittimamente pensare che tutti allora dovremmo “fare” teatro, studiarlo e apprendere così l’arte della recitazione e, in sé, la magica dimensione del mondo possibile, dell’eterna favola. Detto per inciso che non sarebbe una cattiva idea almeno studiarlo un po’ come assistere agli spettacoli, questo spingerebbe invece a riflettere circa la possibilità di una sua rivalutazione nelle scuole anzitutto. Sarebbe auspicabile infatti, che accanto alle altre materie si istituzionalizzasse anche il teatro, sia pure come laboratorio artistico creativo, restituendogli l’importante funzione pedagogica e culturale-educativa, affidandone l’insegnamento non già secondo la logica della scelta autonoma di ciascun istituto di affidarlo magari al docente di matematica ma secondo le professionalità e le competenze che i territori offrono.

A ciascuno il suo insomma, piuttosto che delegare in modo superficiale ed arbitrario ad insegnanti di altre materie che, avendo strumenti nello specifico di ciò che insegnano, dovrebbero riconoscere per primi che il teatro, pur passando attraverso l’elemento ludico, non è affatto un gioco ed è anzi produzione di disciplina e rigore tecnico che vanno a vantaggio delle altre materie, ottimizzandone i risultati.

Cosa insegna il “fare teatro”? Imparare e sperimentare a come canalizzare la propria energia, manifestare gli aspetti positivi della propria personalità, gestire la propria libertà attraverso la disciplina interiore, superare le differenze, il pessimismo e la diversità. Scoprire la propria individualità attraverso l’esperienza creativa teatrale che diventa stimolo all’autonomia e alla consapevolezza, alla responsabilità e alla capacità di scegliere secondo se stessi.

Il fenomeno del bullismo come quello della violenza giovanile, della crisi dei valori e dell’assenza di modelli di riferimento, molto dipende dalla qualità della cultura e dal reale valore che ad essa si attribuisce. Partire dal teatro a scuola, affidando il ruolo di educatore a chi ha specifiche competenze in materia, potrebbe rappresentare un utile strumento educativo finalizzato a sviluppare coscienze, a stimolare lo spirito di ricerca, a comprendere il significato della comunicazione e del dialogo.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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