Teatro dellassurdo

Ma anche altro, un pretesto per una semplice riflessione. La realtà, si trasforma radicalmente in qualcosa che non è.

Con il teatro dellassurdo, è noto a tutti, mettiamo in scena, l’angoscia, la solitudine, la totale impossibilità dell’uomo moderno di comunicare. Naturalmente, i dialoghi e le situazioni sono alquanto surreali, l’azione è ridotta al minimo, le vicende sono senza senso, almeno apparentemente. La realtà, si trasforma radicalmente in qualcosa che non è, o meglio nell’opposto di ciò che è. Un mondo, in sostanza, alienato, dove ogni cosa, ritenuta espressiva ed essenziale, si trasferisce da un centro di riferimento a un altro. E’ pur vero che, nato dalle ceneri dell’Europa del dopoguerra, il teatro dell’assurdo riflette un periodo di vuoto spirituale, un momento in cui la precarietà dell’esistenza umana era palpabile ed evidente. In seguito alle atrocità della Seconda Guerra Mondiale, per alcuni il mondo stesso era diventato assurdo: un luogo spaventoso e illogico in cui la vita aveva perso ogni significato e l’esistenza umana sembrava inutile.

E’ stato, indubbiamente, un momento innovativo nella storia del teatro. I critici di allora, non sapevano cosa fare e molti erano indignati. Anche per gli standard odierni, il teatro dell’assurdo viola ogni convenzione teatrale: tutto quello che sappiamo del dramma è capovolto. L’intera premessa di una trama è sovvertita, la struttura di inizio, metà e fine, che è alla base della narrativa convenzionale, viene abbandonata a favore di un quasi incomprensibile approccio, un’azione dell’avvicinarsi e una deliberata assenza del rapporto di causa-effetto per collegare le scene. Il dramma assume uno stato di sogno, che opera in immagini piuttosto che in un dialogo coerente e in un’azione chiara. Tutto rimane ambiguo. E se siamo alla ricerca di personaggi riconoscibili, rimaniamo delusi. Essi sono in uno stato di limbo, fuori sincronia con l’altro e l’ambiente circostante.

La cantatrice calva di Eugène Ionesco, rappresentata a Parigi nel 1950, è il primo esempio di questo modo nuovo di intendere il teatro. Inutile ricordare come a quel tempo, il testo, fosse una novità assoluta, accolto inizialmente con estrema diffidenza; ripresentato qualche anno più tardi, raggiunse un enorme successo, tanto da restare in cartellone per quindici anni consecutivi. I maggiori esponenti del teatro dell’assurdo sono Eugène Ionesco con La cantatrice calva e Il rinoceronte, e Samuel Beckett con Aspettando Godot, Finale di partita, ecc.

Una premessa doverosa, per uno dei momenti più alti del teatro contemporaneo, ma anche un pretesto per una semplice riflessione. Il teatro dell’assurdo apre il suo proscenio e replica un dramma, un penoso momento di morte, a ogni nostro differimento da ciò che siamo o che vorremmo essere. Briciole sparse di dimenticanza, di disobbedienza, di divisione si moltiplicano e penetrano in noi, inquinando il nostro essere. Un Essere senziente che ha ceduto la sua stessa vita in cambio della paura e del dolore. Com’è possibile? Chi potrebbe mai barattare la vita con la morte? Eppure lo facciamo, continuiamo a farlo. Non importa quanto riusciamo a creare, non importa quante buone abitudini costruiamo, l’impegno e l’amore che mettiamo nel nostro lavoro, ci sarà sempre qualcosa o qualcuno pronto a spingerci in un territorio sconosciuto fatto di affari e di interessi che non possiamo controllare. E se li lasciamo così, crescere e maturare, possono diventare una grande fonte di rabbia, frustrazione e stress.

Chi meglio del teatro (inteso qui come sistema, realtà economica e produttiva dove migliaia di persone, artisti di grande valore, vivono e lavorano) può conoscere. Un mondo, quello del teatro (lo spettacolo dal vivo in senso lato) dove poche persone sono sotto le palme a godersi il sole mentre i più arrancano faticosamente. Ne abbiamo già parlato, ma ripetersi a volte è necessario. Quello che vogliamo dire è che non possiamo permettere che una posizione privilegiata renda vana una nostra qualsiasi partecipazione pratica e attiva a una realtà, un fatto, un evento. Vacuo, ogni nostro desiderio di conoscere, di apprendere. Senza senso, ogni curiosità e attenzione di fronte a ciò che vediamo e ascoltiamo. Continuare a credere, in soldoni, che l’esterno sia la causa, che il mondo fuori di noi abbia una volontà che ci possiede e ci controlla. Il peccato imperdonabile sta in questo: è una deviazione, un allontanamento dalla parte più alta di noi stessi. Il peccato dei peccati, è credere che sia il mondo a creare noi. Lo commettiamo ogni istante nel nostro cuore, quando facciamo del mondo il nostro dio.

Dei dolenti, dei ignoranti, quei signori sotto le palme a prendere comodamente il sole, padroni, feudatari del teatro italiano e dei suoi circuiti.

Nella nostra suggestione quel mondo, prende il sopravvento e noi lo crediamo reale, lo mettiamo sopra di noi, lo idolatriamo. Lo vediamo, ed è già fatto. È effetto, nient’altro che un effetto! C’è una causa che viene prima. Solo pochi possono comprendere che il mondo non ha una direzione, non ha una propria volontà.
La volontà appartiene soltanto all’individuo, a noi: ognuno di noi governa il mondo. Se la volontà è assente, il mondo (quel mondo di cui parliamo ma anche in generale) prende meccanicamente il sopravvento. Non preoccupiamoci, dunque, è inutile, serve soltanto a perpetuare la nostra dipendenza da loro.

Che cosa significa dipendere? Significa che quando dimentichiamo, ci facciamo piccoli e insignificanti, allora in quel momento i feudatari del teatro italiano diventano i nostri boss. Gli uomini, gli artisti, tutti gli operatori dello spettacolo, in assenza di volontà, si riducono a nani psicologici e si aggirano nel proprio universo con la coda tra le gambe, curvi sotto il peso dei sensi di colpa, spaventati a morte dai fantasmi che loro stessi hanno creato.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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