Crisi economica e cultura

Non esiste nessuna “crisi” da cui uscire, semplicemente perché non esiste una crisi. Esiste un cambiamento, deliberato e pianificato di un sistema economico. Fu una scelta adottata decenni or sono, di cui la “crisi” attuale è una conseguenza.

Ora, che la suddetta “crisi economica” abbia portato ad una progressiva diminuzione delle risorse disponibili ed imposto agli amministratori locali misure di rigore nella spesa, soprattutto alle voci Cultura e Turismo è una considerazione piuttosto ovvia. Da questa poi si afferma di sentire forte l’esigenza di riappropriarsi dei Beni Culturali, definiti da molti anche Beni Comuni. Ma come riappropriarsi? Attraverso la ricerca di un’offerta culturale sanamente popolare. Che cosa voglia dire “sanamente popolare” non è dato ad intendere. Ci aiuta forse in questo Gramsci quando dice: “capace di diffondersi fino agli strati più rozzi e incolti”. E’ pur vero che il linguaggio, non ha la stessa rilevanza del passato, né tanto meno la profondità e lo spessore del linguaggio filosofico e letterario che ci è pervenuto in eredità. Ma stranamente alcune parole, che pure sono significative e importanti,  si vestono (trasudano, odorano, hanno un sapore) di banalità e luogo comune. Una di queste è “valorizzare”.

“Vogliamo valorizzare la nostra storia e i nostri luoghi” – “affinché la città possa diventare un museo a cielo aperto, pronto ad essere visitato tutto l’anno, grazie ad una politica culturale che, partendo dal basso, metta in collegamento addetti ai lavori ed imprenditori, che attivi risorse private, e che coinvolga il pubblico, rendendolo co-protagonista dell’evento”. Chiaro no?