Charlie Chaplin imita se stesso

Chaplin era al culmine della sua fama, quando un giorno, venne a sapere che a Los Angeles era stato bandito un concorso per “imitatori di Charlot”. Decise di parteciparvi, in forma anonima. Si classificò ventottesimo. La storia è naturalmente discussa e controversa, i dubbi che questo sia veramente accaduto sono molti. Ci si chiede: come è stato possibile che una giuria non abbia saputo distinguere Charlot, imitatore di se stesso, dai suoi pur bravi imitatori? L’aneddoto, vero o falso che sia, è in ogni caso stimolante tanto da rendere superfluo il dubbio sulla sua autenticità. Perché? Il fatto, se non vero è pur sempre verosimile.

E il verosimile è sempre superiore al vero. E’ una realtà, questa, in cui tutto assume l’aspetto della verità, e dunque ogni cosa potrebbe anche essere vera, o ritenuta tale e accettata per tale. La politica, l’economia, la cronaca ci appaiono sempre verosimili. Condanniamo qualcuno perché verosimilmente colpevole. Se non è lui l’assassino chi altri potrebbe essere. Il verosimile diventa verità, nell’uomo moderatamente scettico che non ha alcun interesse se non le cose che derivano dalle abitudini, che non pretende ne cerca altro; il verosimile certo e indubitabile. Costui tende a ripetere gli stessi atti, a rinnovare identiche esperienze, votato più al sospetto e alla diffidenza che alla conoscenza. Grazie quindi ai ricercatori e giornalisti di valore che ci raccontano un’altra politica, un’altra economia, un’altra storia del mondo, e ci spingono a riflettere e a cercare il vero, non il verosimile.

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