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Cos’è il teatro oggi

Cos’è il teatro oggi. Vi spieghiamo il nostro punto di vista e il perché stiamo proponendo una serie di laboratori unici nel suo genere.

Quando parliamo di teatro, le prime cose che ci vengono in mente sono, un palcoscenico, degli attori, le luci, il copione, cose di questo genere. Un’occasione per passare una serata piacevole in compagnia di buoni amici, anche se, talvolta, quel momento così affascinate e gradevole si trasforma in una sorta di incubo. Quando assisti a spettacoli così insignificanti, inutili e straordinariamente noiosi, provi quella strana sensazioni di oppressione, soffocamento e blocco di un qualsiasi movimento.

È tutto qui? Solo questo o c’è dell’altro?

No, naturalmente.

Il teatro è arte, e come tutte le arti dovrebbe rappresentare la salute mentale, psicofisica, promuovere il benessere attraverso la bellezza di ciò che espone.

Il teatro è una terapia e i terapeuti lo sanno benissimo, tanto che i più preparati e intelligenti lo usano per il proprio lavoro. 

Già nell’antica Grecia la funzione del teatro era considerata espressione del dramma interiore dell’individuo e nel contempo ritenuta catartica.
Sapete, uno dei precursori della terapia teatrale fu il marchese De Sade. Rinchiuso alla fine del ‘700 nel manicomio di Charenton, col permesso del direttore amministrativo della struttura manicomiale, tale De Coulmier. De Sade allestì lavori teatrali scritti da lui stesso e recitati dai malati psichici ricoverati in quel luogo. Quelle rappresentazioni suscitarono un grande interesse tanto da richiamare spettatori che facevano parte del ben mondo parigino e intellettuali francesi. 
Peter Weiss ne scrisse un testo dal titolo: ”La persecuzione e l'assassinio di Jean-Paul Marat, rappresentato dalla compagnia filodrammatica dell'ospizio di Charenton sotto la guida del marchese de Sade”.
Tra la fine del ‘700 e i primi dell’800, l’abate Giovanni Maria Linguiti, dottore in legge, venne nominato, malgrado non fosse medico, direttore della “Casa dei folli”, quello che diverrà l’Ospedale Psichiatrico di Aversa. L’abate nella conduzione di quell’istituto per alienati portò due innovazioni: far lavorare i matti e dare loro degli svaghi, come la danza e la musica. 
Tra gli svaghi che immaginò utili ai pazienti, il direttore della Casa dei folli “inventò” le rappresentazioni teatrali con attori ricoverati nella struttura di Aversa, ritenendo che ciò sarebbe stato utile ai pazienti per capire se stessi. 
In sostanza, faceva rappresentare a ciascun malato un personaggio il cui carattere era in opposizione alle idee predominanti dello stesso malato. E questo portava enormi benefici al paziente.

Il teatro è anche uno strumento educativo in grado di restituire una centralità all’essere umano in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali.

Realizzare un’attività che ha uno scopo educativo di formazione umana e d’orientamento: supportare la persona nella propria individualità e nella riscoperta del bisogno di esprimersi di là delle forme stereotipate, credendo incondizionatamente nelle potenzialità di ogni individuo. Allena gli individui ad affrontare con maggior sicurezza il reale, li aiuta a comprendere la difficile realtà sociale in cui vivono e li sostiene nel loro lavoro di crescita.

Ma vogliamo essere più precisi in questo

Viviamo nella cosiddetta “società della comunicazione globale”. Il mondo è cambiato, a dispetto di ogni nostra considerazione personale. Quanto e come, è da tutti percepito in modo chiaro.

Uno starnuto fatto da qualche parte si ripercuote inevitabilmente su di noi. Anzi, bussa letteralmente alla porta di casa! Questo, è un fatto semplicemente.

È per questo che diventa quanto mai necessario e vitale dotarsi di strumenti idonei e adatti ai tempi. Questo vale per il singolo individuo che per una Impresa, sia per una Istituzione pubblica.

Guardiamo per un momento la realtà con gli occhi di un bambino o di un giovane adolescente.

Come sarà il mondo fra 30, 20 anni, che poi è niente di più che battito di ciglia.

Non lo sappiamo, possiamo solo immaginarlo. Ciò che sappiamo con certezza, è che i giovani, cioè gli adulti di domani si troveranno di fronte a sfide inimmaginabili per noi, oggi. Come facciamo ad avere questa certezza?

Semplice, i presupposti di ciò che sarà il futuro sono qui nel presente. Basta osservare con attenzione.

La crescente complessità della società impone la necessità di apprendere ben oltre il periodo della scuola canonica sino a comprendere l’intero arco della vita.

Come prima esisteva il rischio dell’analfabetismo, che era una forma di esclusione, ed era legato all’apprendimento di certi saperi, anche elementari, oggi, chi non riesce a creare dei collegamenti attraverso conoscenze di tipo informatico, tipiche della società dell’informazione, e soprattutto chi non si aggiorna continuamente, rischia effettivamente di essere un escluso.

La società del futuro sarà una società cognitiva

Naturalmente, perché riguarda il conoscere. Questo non vuol dire che dobbiamo necessariamente conoscere tutto, sapere tutto. Non è possibile. I processi implicati della conoscenza (percezione, immaginazione, memoria, tutte le forme di ragionamento), sono qui intesi funzionalmente come guida nel comportamento

Ragione per cui istruzione e formazione saranno al centro di ogni nostra priorità. Esse diventeranno i principali vettori di identificazione, di appartenenza, di promozione sociale e di sviluppo personale. Dovranno fornire una cultura umanistica, scientifica e artistica. (Ditelo agli insegnanti e ai presidi delle scuole di ogni ordine e grado, probabilmente si sono distratti e quando proponi loro un progetto in tal senso non ti rispondono nemmeno).

LE IMPRESE INNOVATIVE RICHIEDONO RUOLI PIÙ LEGATI ALLA PERSONA E ALLA VELOCITÀ DI PENSIERO

«Nell’era della conoscenza e delle soft skill (abilità morbide) ci devono essere figure rinascimentali, figure a tutto tondo. Gli stessi industriali dicono di aver bisogno di persone colte, dotate dell’arte di porre delle domande, non solo di dare risposte immediate. Il manager del futuro deve conoscere la tragedia greca, così come l’ultimo programma tecnologico. Essere in grado di esaltare la tecnologia con l’altro sapere è un valore aggiunto»

Sarà pertanto necessario promuovere nuovi legami tra la cultura e il sistema scolastico che permettano di riconoscere pienamente la cultura, le arti e le tradizioni popolari come una dimensione fondamentale della formazione dei singoli, di sviluppare l’educazione artistica e di stimolare la creatività in tutti i programmi educativi e di formazione per tutta la vita.

L’educazione artistica riguarda tutti gli studenti, sia quelli che vorranno fare delle arti una professione, che gli altri. Nella nostra società, il ruolo dell’arte, della cultura e dello spettacolo acquisisce nuova fondamentale importanza, costituendo un’importante agente di progresso sociale. La diffusione delle arti nella popolazione produrrà un miglioramento della qualità della vita formando cittadini più sensibili e attenti agli alti valori dell’armonia, della convivenza e del diritto e al patrimonio culturale laddove essi vivono. Una iniziativa attenta e sensibile ai problemi sociali e ai bisogni della collettività, vigile nel riflettere i mutamenti delle idee e delle condizioni di vita. L’arte e la musica come elementi di una attività educativa e formativa, strumenti di opportunità e di sviluppo; lo spettacolo e il teatro come occasione di studio e di analisi della concreta condizione dell’uomo, rappresentazione delle sue necessità materiali e morali per porre poi l’attenzione sui problemi ed esigenze di natura sociale e morale, ma che preparano un rinnovamento. (Anche questo sarebbe opportuno ricordare alle scuole, sempre se non hanno altro da fare)

Una particolare attenzione andrà alla riscoperta e al recupero della tradizione popolare locale con una progressiva integrazione di altre realtà culturali riferibili ai nuclei extracomunitari insediati (nel caso fossero presenti) nel territorio della Comunità.

 E’, inoltre, obiettivo dell’iniziativa anche il recupero delle fasce disagiate mirando a creare gli strumenti per una maggiore e più proficua capacità di socializzare.

“Il perché di questa crescita sta nel fatto che le materie umanistiche, ancor più la filosofia, possono essere più prodromi di empatia ed intelligenza emotiva e nell’area del personale ce n’è tantissimo bisogno”, 
“Ma c’è anche un’altra e forse più recente spiegazione. Tutta questa rinnovata e inedita attenzione verso le discipline umanistiche negli atenei americani è giustificata dal fatto che la scienza e la tecnica, con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, stanno ponendo le basi per la distruzione di molti lavori che saranno presto svolti da robot. La preoccupazione è evidente e si corre ai ripari puntando sorprendentemente su ciò che un robot difficilmente potrà acquisire: la capacità di astrazione, la creatività, l’aspirazione verso la bellezza e l’assoluto, alla base degli studi umanistici. Così la tradizionale dicotomia tra discipline scientifiche e umanistiche oggi sembra non avere più senso. Una fusione di diversi e complementari appare fondamentale per renderci unici e insostituibili dalle macchine, allenando il nostro cervello con romanzi, poesie, ragionamenti astratti, arte e musica. E i manager, in particolare quelli delle risorse umane, sono proprio quelli che in azienda devono trovare la quadra”.
La filosofia infatti, aiuta ad acquisire un rapporto diverso con la realtà, spingendo a vedere dove altri non vedono, ad andare al di là delle apparenze, ad essere flessibile e maggiormente adattabile al cambiamento perché si è in grado di leggere il contesto e di gestire dunque con maggiore facilità persone, organizzazioni ed a governare le trasformazioni con equilibrio”.

Crescono le richieste di laureati in Filosofia

https://nuvola.corriere.it/2018/03/19/crescono-le-richieste-di-laureati-in-filosofia/

Nel 2017 sono aumentate le ricerche di laureati in Filosofia per la posizione di direttore di risorse umane. Lo rivela un’analisi di Manageritalia che evidenzia come questo incremento di richieste ci sia soprattutto nei casi in cui i laureati in questa facoltà abbiano conseguito un master e se a sceglierli sono manager con la stessa estrazione.

Chiediamoci quindi, che cosa possiamo dare ai nostri giovani e in che modo? In realtà non riguarda solo i giovani, ma tutti noi.

L’immagine di un mondo giovanile che si nutre di Tv e cellulare, radio e internet trova dunque riscontro nella realtà.  

Essi, sono veramente innamorati del cellulare, che non usano solo come strumento per telefonare ma come unico mezzo di comunicazione a loro più congeniale. Definito importante strumento di socializzazione, tanto che permette, (così si dice) anche ai più timidi di comunicare “avvicinare ragazze e ragazzi” per poi vederli in un totale e assoluto blocco (di comunicazione) nel momento in cui si trovano uno di fronte all’altro.

D’accordo, hai uno smartphone con cui puoi accedere ad ogni informazione stando comodamente seduto in poltrona. Dunque, tutta la comunicazione è cambiata. Il modo di comunicare della gente è totalmente differente da quello di qualche anno fa. Lo sappiamo, d’accordo!

Anche il modo di cercare un lavoro è cambiato? Certo anche questo.

Oggi si vedono ragazzini che cantando qualche canzone sul web dalla propria cameretta si trovano in meno di due anni a fare sold-out negli stadi. C’è chi diventa milionario mostrando come gioca online ai video games. C’è chi invece comincia a pubblicare qualcosa sul proprio profilo Instagram e dopo qualche mese si ritrova sommerso di richieste da parte di grandi sponsor che sono disposti a pagare migliaia di euro per una sola foto in cui viene mostrato il loro prodotto. C’è ancora chi fa video su YouTube con il proprio figlio o la propria figlia di tre o quattro anni mostrando come giocano e in pochi mesi si trovano un canale in cui ogni video ottiene più di un milione di visite e con i relativi profitti che un canale così seguito può generare.

C’è chi, infine, a cominciato a pubblicare su YouTube video in cui faceva scoregge e pernacchie, e oggi è diventato un idolo televisivo, presentatore di importanti programmi e attore, pensate. Non facciamo nomi.

Comprate di tutto e di più….  coraggio… non è difficile!

Portate i bambini in mezzo ai campi a piedi nudi, a camminare in mezzo al fango, a tuffarsi in una pozzanghera e lanciare sassi in uno stagno. Ma no, quando mai, non abbiamo tempo e poi è così scomodo.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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