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Dopo oltre cinquant’anni: Ivrea il nuovo teatro italiano

Da quei giorni di giugno del 1967 ad Ivrea, nota ai più per la spettacolare “battaglia delle arance” che per tre giorni si svolge nelle principali piazze cittadine, sono passati oltre cinquant’anni in cui nella cittadina piemontese si riunì il Nuovo Teatro italiano. A discutere e confrontarsi si ritrovarono artisti del calibro di Carmelo Bene e  Leo de Berardinis e molti altri

L’intento quello di scuotere non solo  la pratica, ma l’idea stessa delle arti performative in Italia, creando appunto un nuovo teatro italiano.

Non si vuole qui discutere il valore culturale di quell’evento, quali siano state le ricadute, quali conquiste abbia portato. Soprattutto se quelle potenzialità siano mai state capaci di svilupparsi, di realizzarsi, di avere esistenza attuale. Sono cambiati gli scenari, le posizioni, le tendenze? In che modo? Il teatro oggi, cos’è? In ogni caso devono essere state molto modeste vista la condizione attuale. Si, un’autorevole e potente (forza) ha scosso il teatro italiano di quegli anni (fra i Sessanta e i Settanta) ma come questa abbia prodotto risultati e come si siano andati poi a sviluppare nel tempo non è dato sapere, a meno che non ci si limiti a storicizzare l’evento. E’ quello che fanno molti “studiosi”, quelli cioè che periodicamente tornano a riflettere su questo punto, sia analizzando alcuni aspetti sia valutandone le motivazioni e le conseguenze. Straordinari, come sempre. Insostituibili…

La cialtroneria del Teatro Italiano


Convegno per un nuovo teatro. Il documento

La lotta per il teatro è qualcosa di molto più importante di una questione estetica.

In una situazione di progressiva involuzione, estesa a molti settori chiave della vita nazionale, in questi anni si è assistito all’inaridimento della vita teatrale, resa ancora più grave e subdola dall’attuale stato di apparente floridezza. Apparenza pericolosa poiché nasconde l’invecchiamento e il mancato adeguamento delle strutture; la crescente ingerenza della burocrazia politica e amministrativa nei teatri pubblici, il monopolio dei gruppi di potere; la sordità di fronte al più indicativo repertorio internazionale; la complice disattenzione nella quale sono state spente le iniziative sperimentali cui si è tentato di realizzare nel corso di questi anni.

Come conseguenza la realtà italiana e i mutamenti intervenuti nella nostra società così come le nuove tecniche drammatiche e i modi espressivi elaborati in altri paesi non hanno trovato che isolati e sporadici riferimenti nella nostra produzione teatrale. Sono mancati d’altra parte il ricambio e l’aggiornamento delle tecniche di recitazione, l’analisi e l’applicazione di rinnovati materiali di linguaggio, gestici e plastici, mentre lo stesso innegabile affinamento della regia ha finito per risolversi in un estenuato perfezionismo di sterile applicazione, contro ogni possibilità di rinnovamento dei quadri.

La critica drammatica istituzionale, da suo canto, invece di svolgere una funzione di provocazione e di stimolo su questa situazione generale, ha contribuito al mantenimento dello stato di fatto e si è troppo facilmente allineata alle posizioni ufficiali, ancorando linguaggio e metodi a modalità ormai superate con una rinuncia di fatto al suo compito primo di ricerca e di interpretazione.

Con poche consapevoli eccezioni il nostro teatro, oltre a dimostrarsi incapace di svolgere un discorso suo proprio, si è così venuto a trovare in una posizione di completo isolamento, sistematicamente impermeabile cioè a ogni innovazione culturale, alle ricerche e agli esiti della scrittura poetica e del romanzo, alla sperimentazione cinematografica, ai discorsi aperti dalla nuova musica e dalle molteplici esperienze pittoriche e plastiche.

La nostra attività di scrittori, critici, registi, scenografi, musicisti, attori, tecnici del teatro, anche se di diverse ideologie, attestati su differenti posizioni di lavoro, ci fa sentire estranei ai modi, alle mentalità e alle esperienze dei teatro cosiddetto ufficiale e alla politica ufficiale nei riguardi del teatro.

Per la diversità dei metodi e dell’ispirazione che improntano l’attività in cui siamo impegnati, noi non ci poniamo come gruppo almeno nel senso in cui questa parola ha caratterizzato passate esperienze della vita letteraria e teatrale. AL di sopra di ogni diversità pensiamo però di poter individuare una sufficiente forza di coesione nel trovarci comunque di fronte a problemi di lavoro fondamentalmente analoghi.

L’attività finora svolta da ciascuno di noi può costituire perciò la base di un comune lavoro che si proponga come fine di suscitare, raccogliere, valorizzare, difendere nuove forze e tendenze del teatro, in un continuo rapporto di scambio con tutte le altre manifestazioni artistiche, sulla linea delle esigenze delle nuove generazioni teatrali. Non crediamo infatti utile né necessario partire da zero, convinti come siamo che sia possibile essere tanto più precisi quanto più si è coscienti delle esperienze che sono già state iniziate e portate avanti da noi altrove.

Oggi s’impone la necessità di adeguare gli strumenti critici agli elementi tecnico-formali dello spettacolo, di affrontare l’impegno drammaturgico senza alcuna soggezione agli schemi prestabiliti, con un recupero di tecniche e una proposta di altre tecniche, con l’uso di attori fuori dalla linea accademica e quotidiana, con la scelta di ambientazioni che ricreino lo spazio scenico.

Non c’è nuova strada nel teatro come in ogni altra attività dell’arte e della scienza che non implichi di necessità estesi margini di errore. Noi li rivendichiamo. Non vogliamo dar vita a un teatro clandestino per pochi iniziati, né rimanere esclusi dalle possibilità offerte dalle organizzazioni di pubblico alle quali riteniamo di aver diritto; rifiutiamo però un’attività ufficialmente definita come sperimentale, ma costretta ad allinearsi alle posizioni dominanti.

Il teatro deve poter arrivare alla contestazione assoluta e totale.

Di tutto questo e dei problemi connessi all’aspetto organizzativo, è nostra intenzione discutere in un convegno di apertura e di verifica che indiciamo per la fine della presente stagione teatrale e al quale invitiamo quanti, in base alle esperienza raggiunte, si sentano di condividere con noi gli obiettivi contro cui operare e questo appello di urgente lavoro. Non crediamo infatti alle contestazioni puramente grammaticali. Crediamo invece che ci si possa servire del teatro per insinuare dei dubbi, per rompere delle prospettive, per togliere delle maschere, mettere in moto qualche pensiero. Crediamo in un teatro pieno di interrogativi, di dimostrazioni giuste o sbagliate, di gesti contemporanei.

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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