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RACE

il colore della vittoria

La storia del campione Jesse Owens

Race, è un film con la regia di Stephen Hopkins in uscita dal 24 marzo 2016 al cinema. La storia di Jesse Owens, che mandò in frantumi il mito della supremazia ariana di Adolf Hitler alle Olimpiadi di Berlino del 1936 stabilendo un record di quattro medaglie d’oro nei 100 metri piani, 200 metri piani, salto in lungo e la staffetta da 400 metri.

La storia è nota: l’americano Jesse Owens, giovane nero dell’Alabama, alle Olimpiadi di Berlino del 1936 stracciò tutti gli “ariani” sotto gli occhi di Hitler, che per dispetto se ne andò rifiutandosi di stringergli la mano. C’è solo un dettaglio. Le cose non andarono esattamente così.

É risaputo che quella Olimpiade doveva essere la vetrina mondiale della nuova Germania nazista tanto che la regia coreografica fu affidata alla famosa Leni Riefenstahl, che ne trasse, poi, il film Olympia. E furono indiscutibilmente delle grandi olimpiadi, una delle edizioni meglio organizzate nella storia. Vennero costruiti impianti e nuovi stadi. Ristrutturati quelli vecchi e portati a termine importanti lavori di urbanistica. Una Germania autorevole e fiera doveva trasmettersi anche sul campo, attraverso le vittorie sportive. E così fu: a primeggiare fu la Germania con 89 medaglie, seguita da Stati Uniti e Ungheria.

Non solo, ma anche una Germania potente e ricca, aspetto, questo ancora oggi non del tutto chiarito.

Uscita dalla prima guerra mondiale era un paese distrutto. Le somme astronomiche richieste dai paesi vincitori per risarcire i danni di guerra, unite a un periodo di forte inflazione in tutta Europa negli anni ‘20, trascinarono il Marco tedesco in una spirale iper inflazionistica che giunse al suo culmine nel 1923. A questo periodo di iper inflazione si aggiunsero poi gli effetti della Grande Depressione che minarono profondamente la stabilità dell’economia tedesca, bruciando i risparmi personali della classe media e provocando una massiccia disoccupazione. Cosa è successo esattamente dopo? Come è stato possibile per la Germania risollevarsi da quel disastro e in pochi anni dare un immagine di se così straordinariamente importante?

In ogni caso, lo stesso Owens testimoniò che, dopo la premiazione, sceso dal podio passò davanti al palco del Fuhrer. E questi si alzò in piedi salutandolo con un cenno della mano, saluto che Owens ricambiò nello stesso modo.

Nella pagina sportiva del Corriere.it  del 2 gennaio scorso, viene riportata la testimonianza del giornalista tedesco Siegfred Mischner, il quale, presente ai fatti, qualche anno fa riferì di aver visto personalmente Hitler stringere la mano a Owens nei corridoi dello stadio olimpico. Owens, in seguito, più volte provò a dirlo ma nessuno, tra i giornalisti occidentali, volle mai dargli retta.

Ora il film, sembra, vuole ristabilire  la verità su quell’episodio. Il  film, probabilmente farà discutere, dal momento che si propone di raccontare le cose come sono effettivamente andate e cioè che Owens, in effetti, venne snobbato, sì, ma, paradossalmente, non da Hitler, bensì dal suo stesso presidente, Roosevelt. Questo presidente, non volle mai ricevere Jesse Owens per un meschino calcolo elettorale: impegnato nella campagna per la sua rielezione, temeva di perdere voti negli Stati del Sud. Roosevelt ebbe in effetti la sua rielezione. In questa storia ci sono anche un paio di curiosità. Owens, per ripicca forse, si iscrisse (lui, un nero del Sud) al Partito Repubblicano e ne divenne attivista. La figlia di Owens che porta avanti la Jesse Owens Foundation si chiama Marlene. Chissà perché un nero americano doveva dare alla figlia un nome tedesco.

 

 

globetheatre

Interessato al mondo della comunicazione e formazione in generale, (e in particolare al più importante mezzo di comunicazione di massa, come quello televisivo) nelle sue mille sfaccettature, in considerazione dell’importanza crescente che i processi di comunicazione acquisiscono nell'ambito della società moderna determinando così profondi cambiamenti nei modelli di comportamento e nelle relazioni sociali. Sono altresì interessato al processo di formazione dell'arte in una società tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui la realtà virtuale è sempre più pressante e invadente. L’attività si sviluppa attraverso un’associazione che opera in continuità con la propria vocazione no profit e che incarna la vocazione alla partecipazione e alla ricerca presupposti irrinunciabili ai fini di una coerente ed efficace azione progettuale e una società dedicata alle componenti progettuali e gestionali dell’azione in campo culturale, e che consente una risposta più efficace e pertinente alla crescente domanda di un approccio imprenditoriale e di una visione aziendale nella gestione dei mercati culturali.

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